Uno studio della Queen Mary University di Londra rivela i sintomi di una forma influenzale prolungata che non ha a che fare con il Covid-19.
Dopo la scoperta del long-Covid, gli scienziati evidenziano l’esistenza di sintomi prolungati anche tra i casi influenzali di negatività al virus. A rivelarlo è un recente studio a cura della Queen Mary University di Londra pubblicato sulla rivista EClinicalMedicine, edita da The Lancet.
I risultati parlano di come infezioni respiratorie acute quali raffreddori o polmoniti possano protrarsi anche per più di un mese. I pazienti interessati sarebbero però - come detto - negativi al SARS-CoV-2.
Cos’è quindi e come si manifesta il “long raffreddore”? Tentiamo di ricostruirlo a partire dai dati scientifici resi pubblici fin ora e grazie alla parole di una delle autrici di questo studio.
Quali sono i sintomi più comuni?
Tra i sintomi di quello che in Italia è stato ribattezzato «long-raffreddore» si riscontrano diverse manifestazioni abbastanza comuni, assimilabili alle classiche influenze stagionali. Si parla infatti di tosse eccessiva e problemi gastrointestinali (genericamente descritti come mal di pancia) che possono indurre episodi di forte diarrea e dolori addominali. Ma c’è di più.
Per escludere la coincidenza con il long-Covid, l’equipe medica a capo della ricerca ha confrontato i due fenomeni clinici analizzando i dati di 10.171 adulti: «Abbiamo indagato 16 sintomi diversi segnalati nel long COVID- spiega all’agenzia Ansa la dottoressa Giulia Vivaldi - e stiamo parlando di disturbi del sonno, di memoria, difficoltà di concentrazione, dolore muscolare o articolare, disturbi di gusto o olfatto, diarrea, dolore addominale, cambiamenti nella voce, perdita di capelli, battito cardiaco accelerato insolito, svenimenti o vertigini, sudorazione insolita, mancanza di respiro, ansia o depressione e affaticamento».
Non è ancora stata chiarita tuttavia l’origine di simili insorgenze.
Soggetti a rischio e tempi di guarigione stimati
Le indagini scientifiche riportano che «le persone con infezione precedente da SARS-CoV-2 o precedenti infezioni respiratorie acute (ARI) non COVID erano entrambe più a rischio di segnalare sintomi rispetto alle persone senza infezioni segnalate».
A destare forti preoccupazioni però è soprattutto il fattore tempo visto che gli episodi di malessere possono prolungarsi dalle 4 settimane alle 11 settimane a partire dall’infezione iniziale. Questa è la criticità maggiore: non sono ancora stati approfonditi gli effetti sull’organismo di un indebolimento tanto duraturo. «Per ora - conclude la dottoressa in tono equidistante - non abbiamo prove che questi ’lunghi raffreddori’ abbiano gravità e durata simili al long COVID».
In attesa di rispondere a interrogativi simili i medici raccomandano alcune pratiche di prevenzione che ormai abbiamo imparato a conoscere bene: lavarsi frequentemente le mani e coprirsi la bocca e il naso quando si starnutisce o si tossisce, vaccinarsi contro l’influenza stagionale e mantenere il distanziamento sociale dove possibile e, in luoghi troppo affollati come la metro o l’autobus, considerare l’uso delle mascherine.
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