Danilo Toninelli, senatore del Movimento 5 Stelle, non potrà essere ricandidato alle elezioni politiche con la conferma della regola del doppio mandato: “È giusto e doveroso”, commenta con Money.it.
Nessuna deroga alla regola del doppio mandato: i parlamentari del Movimento 5 Stelle che sono ora alla seconda legislatura non verranno ricandidati alle elezioni politiche del 25 settembre. La decisione è stata presa dal capo politico pentastellato, Giuseppe Conte, e viene confermata anche se non è ancora stata ufficializzata.
La conferma della regola del doppio mandato porterà molti volti noti del Movimento - Roberto Fico, Alfonso Bonafede, Paola Taverna - fuori dal Parlamento. Tra di loro c’è anche Danilo Toninelli, senatore ed ex ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti. Intervistato da Money.it, Toninelli sottolinea che la decisione presa dal M5s sul doppio mandato è quella giusta e che può essere un modo per riavvicinare le persone al Movimento.
Niente deroghe al doppio mandato, crede sia la scelta giusta?
Non è giusto, è doveroso, scontato, dovuto, necessario. Ci contraddistinguono dagli altri, da sempre, alcune caratteristiche: se vengono meno è difficile chiedere alla gente di votarci, non saremmo più diversi dagli altri partiti. Una di queste cose è essere politici non di professione, ma di vocazione.
Non si rischia, come dice qualcuno, di disperdere le competenze? È giusto non prevedere alcuna deroga?
È assolutamente giusto. Innanzitutto le esperienze non si disperdono, perché significherebbe che sono connesse solo con la carica parlamentare, invece non è così. Io la mia esperienza la terrò sempre a disposizione e per sostenere il M5s. Chi deciderà di non farlo forse non era così grato nei confronti dei nostri progetti, ma metteva se stesso al centro. Quindi molto molto bene così. In secondo luogo questa esperienza è acquisizione di una competenza di tattiche politiche, di giochi di palazzo, niente a che vedere con la gente, la quotidianità. Quindi ben venga non avere in mente uno schema di gioco di palazzo. L’esempio più plastico è Di Maio, che con un gioco di palazzo crea un partito non votato da nessuno. L’esperienza di Di Maio serve ai 5 Stelle e al Paese? No. Ben venga l’inesperienza rivoluzionaria rispetto a un’esperienza inutile o utile solo a loro.
Cosa farete, all’interno del Movimento, ora che non ricoprirete più cariche parlamentari?
Questo si vedrà solo vivendo, poco importa. Io sosterrò il Movimento in qualsiasi ruolo sia, da semplice attivista in su, con dirette, riunioni, votando, oppure in qualche incarico se mi verrà dato, quando mi verrà dato. Questo è lo spirito generoso che ci contraddistingue. Per quanto riguarda gli altri sono convinto che contraddistingua tutti, magari a differenza mia c’è qualcuno che soffrirà di più, ma solo all’inizio.
Non teme, soprattutto con l’attuale legge elettorale e i collegi uninominali, che questa scelta vi possa penalizzare alle elezioni?
Che la legge elettorale sia uno schifo - lo dico da tecnico che ha studiato queste cose - è una ovvietà giuridica, non un’opinione politica. Che correre da soli è uno svantaggio è un’affermazione corretta, ma questo non vuol dire che una forza politica debba trasformarsi in peggio per adeguarsi, quindi bene correre da soli e senza professionisti della politica.
Ora, esclusa l’alleanza con il Pd, cosa deve fare il Movimento? Deve guardare a Sinistra Italiana e Verdi?
I casi particolari verranno valutati dal capo politico, in generale è un grandissimo vantaggio e una grandissima opportunità poter correre da soli e poter tornare a essere pienamente noi stessi. E in alleanza con il Pd, con cui non dico che abbiamo governato male ma sono diversi da noi, non potevamo esserlo. Salario minimo, conflitto d’interessi, regolamentazione della Rai, sono punti che non abbiamo ottenuto neanche con il Pd: se io guardo oggettivamente abbiamo portato a casa molti più risultati nel Conte I che nel Conte II, e con questo non voglio dire che è meglio la Lega che non è commentabile, ma che il M5s ottiene qualcosa quando fa il M5s.
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