Se l’azienda decide di integrare il reddito delle mamme che scelgono di avvalersi dell’astensione facoltativa dopo la maternità, gli importi sono tassati?
Cosa succede se l’azienda decide di favorire la maternità erogando alle lavoratrici madri, che decidono di utilizzare il congedo facoltativo di maternità, la differenza tra quanto spettante e la retribuzione ordinaria? Questi importi sono tassati? Questa la domanda che pone un’azienda all’Agenzia delle Entrate che, esamina il caso e offre una risposta che a molti può sembrare limitante.
Andremo quindi a vedere se l’integrazione salariale al congedo facoltativo di maternità entra nella base imponibile ai fini della tassazione del reddito.
Astensione facoltativa maternità, come sono tassati i redditi?
L’attuale Governo ha più volte sottolineato il desiderio di aumentare la natalità in Italia attraverso misure incentivanti, la Risposta 57 del 2024 dell’Agenzia delle Entrate sembra andare in una direzione opposta. Vediamo perché.
Un’azienda comunica all’Agenzia delle Entrate di voler erogare alle lavoratrici madri che, al termine del periodo di astensione obbligatoria, decidono di avvalersi della maternità facoltativa o del congedo parentale a carico dell’INPS, importi ulteriori volti a integrare il 100% della retribuzione lorda per tre mesi. Queste somme dovrebbero essere considerate welfare aziendale.
Ricordiamo che il congedo facoltativo di maternità, o semplicemente congedo parentale, può essere richiesto dalle madri al termine del congedo obbligatorio, entro i primi 12 anni di vita del bambino. In questo periodo viene riconosciuta un’indennità pari al 30% dello stipendio.
Nel caso in oggetto l’azienda vorrebbe erogare alle lavoratrici madri che non rientrano a lavoro dopo l’astensione obbligatoria, un’integrazione a copertura della differenza tra quanto pagato dall’Inps e la retribuzione che normalmente sarebbe erogata alla lavoratrice se tornasse in azienda.
L’Azienda si chiede se tali somme debbano essere tassate oppure se possono essere considerati benefit aziendali esenti da imposizione fiscale.
L’integrazione al congedo facoltativo è reddito imponibile, va tassata!
L’Agenzia delle Entrate sottolinea che, ai sensi dell’articolo 51 del Tuir, il reddito di lavoro dipendente è costituito da tutte le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo d’imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro (principio di onnicomprensività).
Lo stesso articolo 51 al comma 2 e nell’ultimo periodo del comma 3 stabilisce specifiche deroghe, cioè specifici casi in cui le somme erogate dal datore di lavoro non devono essere tassate. Le somme che l’azienda intende erogare non rientrano però tra quelle espressamente in deroga, di conseguenza l’Agenzia delle Entrate ritiene che le somme concorrano alla determinazione della base imponibile e debbano essere tassate.
L’Agenzia, a conferma di tale orientamento, ricorda anche la risoluzione 25 settembre 2020, n. 55/E in questa si sottolinea che i benefit per essere considerati tali devono essere riconosciuti a tutti i lavoratori o a categorie di lavoratori, ma non ad personam. Sottolinea che l’Amministrazione finanziaria “non riconosce l’applicazione delle disposizioni tassativamente elencate nel comma 2 ogni qual volta le somme o servizi ivi indicati siano rivolti ad personam, ovvero costituiscano dei vantaggi solo per alcuni e ben individuati lavoratori”.
Non si ritiene, invece, possibile individuare una ’’categoria di dipendenti’’ sulla base di una distinzione non legata alla prestazione lavorativa ma a caratteristiche o condizioni personali o familiari del dipendente.
In base alla descrizione fornita dall’azienda, sembra, invece, che le somme rappresentino un’erogazione in sostituzione di somme costituenti retribuzione fissa o variabile, rispondono a finalità retributive, possono inoltre essere considerate ad personam e dipendenti da condizioni personali o familiari.
Ricordiamo che il congedo parentale può essere richiesto anche dal padre e di conseguenza può essere considerato discriminatorio riconoscere l’integrazione salariale solo alle lavoratrici madri.
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