Stefania Craxi, figlia dell’ex premier socialista, è stata appena rieletta senatrice per Forza Italia. A Money.it parla di Ucraina, Russia e riforma della Costituzione in senso presidenziale.
“L’Italia continuerà a sostenere la resistenza ucraina, anche tramite lo strumento delle sanzioni. Se ci sarà sul tavolo la questione di un’eventuale riduzione del sostegno bellico ne ragioneremo, ma come Europa”. Intervista da Money.it, Stefania Craxi, figlia del noto ex presidente del Consiglio e appena rieletta senatrice con Forza Italia, non ha alcun dubbio: dopo la vittoria delle elezioni, il nuovo governo di centrodestra in politica estera continuerà sulla strada segnata da Mario Draghi.
Pertanto nessun ripensamento delle alleanze internazionali, nonostante da Mosca cerchi in modo provocatorio un rapporto “più costruttivo” con l’Italia. Poi Craxi parla dei grandi obiettivi dell’esecutivo: “far crescere il Paese, aiutando i più deboli e le aziende in difficoltà” con la crisi energetica, proporre “una sorta di nuovo Recovery Fund sull’energia” e “approvare la riforma presidenziale della Costituzione, passando per un referendum”.
La Russia ha commentato l’esito delle elezioni italiane parlando di un possibile rapporto “più costruttivo” del nuovo governo con Mosca. Si riferivano alla Lega o a Forza Italia?
Le posizioni ufficiali di tutti i partiti di centrodestra sono sempre state molto lineari: parlano per Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia i voti che sono stati espressi nel Parlamento italiano e in quello europeo. Siamo con l’Occidente. Non saprei dire se la stessa cosa possa essere assicurata fuori dai confini del centrodestra. Perché su questo punto non si incalza il Partito democratico? E’ vero o non è vero che il Pd si è presentato alle elezioni in alleanza con la Sinistra di Fratoianni e con i Verdi che hanno votato contro l’allargamento della Nato, e che ora già mette in cantiere un avvicinamento con i 5 Stelle di Conte, del tutto inaffidabili anche sul fronte della lealtà atlantica?
Si continuerà dunque a seguire l’Unione europea e la comunità internazionale con le sanzioni alla Russia e l’invio di armi in Ucraina?
Un Paese serio non cambia postura in politica internazionale a seconda dei governi che si succedono, e l’atlantismo è da sempre uno dei pilastri fondamentali della Repubblica. Il centrodestra sarà leale all’Alleanza atlantica, e continueremo a sostenere la resistenza ucraina, anche tramite lo strumento delle sanzioni. Alcune stanno funzionando molto bene, nonostante la propaganda russa voglia far credere il contrario. Non ci allontaneremo dagli alleati occidentali, con loro prenderemo le prossime decisioni.
Però c’è chi come la Germania ritiene che continuare ad inviare carri-armati possa anche procurare una nuova escalation militare invece di fermarla. Bisogna continuare a seguire la linea americana di sostegno militare deciso all’Ucraina oppure va rimessa in discussione la strategia?
L’Italia e gli Stati Uniti sono legati da un profondo rapporto di amicizia, ma questo non significa essere subalterni al nostro maggiore alleato. Per quanto concerne le armi a Kiev, mi pare che per il momento ne siano state inviate a sufficienza da Washington. Quando arriverà sul tavolo la questione di un’eventuale riduzione del sostegno bellico da parte dell’Unione europea, allora ne ragioneremo. Detto questo, l’Europa ha sicuramente bisogno di parlare con una voce sola, necessita di una politica estera e di difesa comune, passaggi essenziali per proiettarla come grande player sugli scenari globali.
Per affrontare la crisi energetica le risorse italiane, senza fare nuovo debito, potrebbero non bastare. Serve un nuovo Recovery Fund, come per primo propose il Movimento 5 Stelle all’inizio di quest’anno?
L’Europa deve certamente intervenire con incisività sulla crisi energetica. Ci sono Paesi che ne stanno traendo guadagno, mentre altri, come l’Italia, vedono danni maggiori al loro sistema economico-produttivo e devono essere compensati. Credo che sull’energia servirebbe un Recovery Fund per aiutare famiglie e imprese, passando dunque da un europeismo ideologico a un europeismo pragmatico. In questa fase così delicata e complessa, occorre un surplus di politica, altrimenti il progetto comunitario è destinato a naufragare.
Si parla del suo nome e di quello di Antonio Tajani come spendibili per dei ruoli al ministero degli Esteri. Lei pensa che Forza Italia, anche visti i rapporti con il Ppe, debba guidare la diplomazia italiana per rassicurare i partner occidentali?
La squadra di governo sarà certamente forte, coesa, autorevole, con ambizioni di futuro. Forza Italia ha un ruolo centrale nella famiglia del popolarismo europeo, e dunque potrebbe sicuramente ambire a ruoli apicali sul versante della diplomazia. Ma ogni considerazione ulteriore, in questo momento, è prematura.
Non c’è insomma da rassicurare nessuno? Quello che verrà non sarà un governo di estrema destra?
Non c’è alcun pericolo di uno sbocco estremista, non c’è alcun rischio di derive autoritarie. Chi paventa rischi simili, utilizzando categorie del passato per attaccare gli avversari politici, non rende un buon servizio all’Italia, anzi ne mina la credibilità internazionale. Giorgia Meloni ha già assunto incarichi istituzionali, è stata ministro in un governo guidato da Silvio Berlusconi, e non mi pare abbia agito da estremista. Noi abbiamo a cuore l’interesse del Paese e nei nostri cuori alberga forte l’idea di democrazia. Vogliamo far crescere l’Italia, aiutando i più deboli, chi non ce la fa, chi è rimasto indietro, e le aziende in difficoltà. Tutto il resto è solo polemica sterile che non fa bene al Paese.
La vostra coalizione vuole modificare la Costituzione per introdurre il presidenzialismo, ma i numeri per approvarla da soli senza passare per alcun referendum non ci sono. Cercherete il dialogo con le opposizioni, a partire dal terzo polo?
Bettino Craxi, già nel 1979, sottolineò l’esigenza di una Grande riforma delle istituzioni in senso presidenziale, e oggi il centrodestra si riconosce in questo approccio finalizzato a porre in sintonia l’architettura istituzionale dello Stato con le istanze e le espressioni vitali della sfera sociale. Il presidenzialismo è un’idea che parte da lontano e che io sposo in pieno. Ho anche avanzato una proposta di metodo, che nell’articolazione di una scelta così importante per la vita democratica del Paese coinvolga i cittadini: siano loro a indicare la rotta, attraverso un referendum di indirizzo. Bisogna passare per un referendum popolare. Dopodiché, la via maestra potrebbe essere quella di una nuova Assemblea costituente, incaricata, a seguito dell’orientamento espresso dai cittadini, di proporre una revisione della seconda parte della Costituzione. Il rischio per la democrazia è rappresentato dallo status quo: c’è da temere la paralisi, l’inerzia, non certo il desiderio di rendere il Paese governabile, garantendogli stabilità ed efficacia decisionale.
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