I mercati tentano la ripresa dopo lo shock dell’inflazione Usa e le aspettative sulla Fed, ma in Asia Giappone e Cina vacillano e mostrato problemi interni legati alla ripresa.
Oggi, giovedì 15 settembre, i mercati azionari asiatici sono contrastati, un giorno dopo il più grande calo degli ultimi tre mesi, con gli investitori che hanno valutato il rischio che la Federal Reserve aumenti i tassi di interesse di ben 100 punti base la prossima settimana, per affrontare i massimi livelli inflazione.
Gli indici cinesi scambiano in rosso, dopo che la che la banca centrale della Cina ha lasciato invariato il tasso di prestito di riferimento. Mentre altre grandi economie stanno spingendo n alto i tassi per raffreddare l’inflazione, l’economia del dragone ha rallentato e l’inflazione rimane moderata.
Il Giappone, intanto, alle prese con la debolezza dello yen, ha registrato un disavanzo commerciale record per il mese di agosto, trainato dagli alti costi per le importazioni di energia e altre materie prime.
Se, quindi, gli investitori rimangono concentrati sui dati economici statunitensi, con un calo dei prezzi alla produzione che fornisce un certo sollievo dopo la scossa dell’inflazione, la debolezza asiatica agita comunque i mercati.
Mercati misti: si guarda anche a Giappone e Cina, non solo agli Usa
In Asia, mentre si scrive, il Nikkei scambia sopra la parità, ma gli altri indici del continente mostrano una performance negativa. In Cina, Shenzhen e Shanghai perdono rispettivamente il 2,48% e l’1,32%. Hong Kong è positivo con un +0,18%.
In osservazione anche il Forex. Le valute asiatiche sono rimaste su un livello di rischio, a causa di un forte biglietto verde. Lo yen, che quest’anno è sceso di circa il 20% rispetto al dollaro, è diminuito nuovamente a 143,55 per dollaro. Era rimbalzato fino a 142,56 mercoledì, quando la Banca del Giappone aveva dato segnali di un possibile intervento a sostegno della valuta.
Il Giappone non si occupa direttamente dei mercati Forex dal 2011, quando era intervenuto per frenare uno yen eccessivamente forte.
La potenza nipponica, inoltre, ha registrato il più grande disavanzo commerciale in un mese mai registrato ad agosto, quando le importazioni sono aumentate a causa degli elevati costi energetici e del crollo dello yen, esponendo la vulnerabilità dell’economia alle pressioni esterne sui prezzi. L’import è balzato del 49,9% nell’anno fino ad agosto, spinte dai costi del petrolio greggio, del carbone e del gas naturale liquefatto (GNL), e facendo aumentare il deficit commerciale a 2,8173 trilioni di yen (19,71 miliardi di dollari), il maggiore mai registrato.
Il dato mette in evidenza la natura fragile della ripresa economica del Giappone, che finora è rimasta in gran parte intatta nonostante il prezzo elevato che le aziende stanno pagando per le importazioni.
In Cina, lo yuan offshore è stato vicino al livello di 7 dollari, dopo che la banca centrale ha lasciato i tassi invariati mentre cercava di allentare la pressione sulla valuta.
Da evidenziare, la People’s Bank of China ha mantenuto invariato al 2,75% il tasso per i prestiti agevolati a medio termine (MLF) a un anno, rinnovando parzialmente alcuni prestiti in scadenza. Ciò era in linea con le aspettative degli analisti, secondo un sondaggio Reuters. La divergenza politica con la maggior parte delle altre principali economie, che stanno alzando i tassi di interesse in modo aggressivo per combattere l’inflazione elevata (soprattutto la Fed) ha messo sotto pressione lo yuan, che è sceso di oltre il 3% rispetto al dollaro da metà agosto. Separatamente, i media statali cinesi hanno riferito che alcune banche taglieranno i tassi sui depositi.
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