Il crollo di Bitcoin miete le prime vittime: tante le società che hanno accumulato criptovalute nei loro bilanci e ora sono esposte alla forte volatilità. Temono una margin call.
Cosa succede alle società che hanno puntato tutto su Bitcoin? Il crollo delle criptovalute sta mettendo a dura prova la tenuta dei loro bilanci: Coinbase è costretta a licenziare il 18% dei dipendenti, Tesla accusa perdite stimate (non realizzate) tra i 300 e 400 milioni di dollari. Per Microstrategy la perdita stimata supera il miliardo di dollari e fa temere una margin call.
Vediamo nel dettaglio la situazione e perché queste aziende hanno accumulato così tanti Bitcoin.
Tesla ha usato Bitcoin contro l’inflazione (e ha sbagliato)
In tempi non sospetti (quando la corsa di Bitcoin era inarrestabile) molte società hanno considerato Bitcoin come un buon investimento contro l’inflazione. Tra queste Tesla, che nel tempo ha accumulato e iscritto a bilancio circa 42.000 token di valuta virtuale sia allo scopo di promuovere la blockchain sia per ragioni di liquidità, con un asset in grado di generare rendimento.
Con l’invasione della Russia in Ucraina tutto è cambiato: la percezione che Bitcoin potesse compensare la crescita incontrollata dei prezzi è svanita. L’inflazione monstre ha costretto a un drastico cambio di passo da parte delle banche centrali, diventate più restrittive. E mentre la Bce studia programmi anti-spread per non compromettere la trasmissione della politica economica, la Fed si prepara ad un aumento dei tassi da 0,75 punti, mai così alto dal 1994. Guerra, inflazione, pandemia, tassi al rialzo sono tutti elementi che contribuiscono ad alimentare l’incertezza. In uno scenario di questo tipo gli asset più penalizzati sono quelli considerati più rischiosi, più volatili: gli investitori spostano la liquidità sugli strumenti a minor rischio.
Coinbase trema dopo la crescita «troppo veloce»
Coinbase è la più grande borsa di criptovalute negli States ed è anche la prima ad essersi quotata al Nasdaq nel 2021, con un esordio da record che ha spinto i prezzi fino a un massimo a 429,5 dollari (mai più rivisto). La sua crescita è stata velocissima, ma il recente crollo di Bitcoin ha spinto il CEO Brian Armstrong ad annunciare il taglio di 1.100 dipendenti, corrispondenti al 18% del personale, che ora si ridurrà a 5.000 unità.
«La recessione potrebbe portare a un altro inverno delle criptovalute e durare a lungo», ha dichiarato Armstrong. «Gli inverni delle criptovalute del passato hanno portato a un calo significativo dell’attività di trading. Sebbene sia difficile prevedere l’economia o i mercati, pianifichiamo sempre il peggio in modo da poter gestire l’azienda in qualsiasi ambiente», ha concluso Armstrong.
Sul Nasdaq, il titolo vale 51,58 dollari, con un ribasso da inizio anno del 79,56% e dell’87% dal picco di novembre.
Microstrategy: un buco da oltre 1 miliardo di dollari in Bitcoin
Il crollo di Bitcoin ha conseguenze dalla portata ben più ampia per Microstrategy, società di software. Il CEO Michael Saylor ha iniziato ad acquistare Bitcoin nel 2020 a un prezzo di poco inferiore a 12.000 dollari, arrivando ad accumulare una partecipazione di 129.918 token, per un investimento totale di 4 miliardi di dollari. Con l’attuale valutazione di BTC a 20.360 dollari, la perdita potenziale supera il miliardo di dollari.
Quando Bitcoin ha iniziato a perdere valore, a marzo, MicroStrategy ha preso in prestito 205 milioni di dollari da Silvergate Capital utilizzando circa 19.466 Bitcoin a garanzia. Nel corso di un webcast dello scorso maggio, il presidente di MicroStrategy, Phong Le, aveva dichiarato che un prezzo sotto 21.000 dollari avrebbe potuto attivare una margin call, ossia una richiesta di capitale extra da parte di Silvergate.
Sono dunque ore di elevata tensione per la società di software della Virginia che potrebbe essere costretta a liquidare parte dei suoi Bitcoin, innescando un ulteriore sell-off verso 16.000 dollari e più sotto fino a 13.000 dollari.
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