Bloomberg visiona la bozza della presidenza ceca in vista del vertice Ue: Bruxelles pensa a sospendere il trading su derivati energetici e schermare dalle margin calls. Ma Goldman boccia il price cap
Paradossalmente, oggi è inutile guardare con apprensione alle valutazioni dei futures sul gas naturale ad Amsterdam. Di fatto, a operare è un enorme cane di Pavlov mascherato da mercato. Quell’indicatore servirà lunedì prossimo, il 12 settembre. Quel giorno sì che ci sarà da tirare un sospiro di sollievo o raccomandare del tutto l’anima al Signore. Perché domenica 11 in Svezia si vota per il rinnovo del Riksdag, il Parlamento e un’eventuale e tutt’altro che impossibile vittoria della destra euroscettica dei Democratici Svedesi potrebbe impattare sui prezzi molto più delle minacce esplicite del Cremlino di tempesta perfetta e globale in arrivo sull’Europa.
La ragione sta tutta in quel salvataggio di Stato di tutti i produttori energetici minori dell’area scandinava e baltica decisa nel fine settimana da Stoccolma, di fatto la prova provata di un contagio finanziario che rischia di tramutare una disputa geopolitica in una Lehman Brothers energetica europea. Esattamente ciò che temeva già dalla tarda primavera scorsa la previdente e terrorizzata Germania. La quale ha ulteriormente confermato il panico montante dando vita a un pacchetto di aiuti da 65 miliardi di euro per le proprie imprese, colpite in maniera letale dal caro-bollette.
Ed ecco la vera tempesta russa. Anzi, la trappola in cui il Cremlino ha fatto precipitare l’Europa. La quale alla vigilia del board Bce dell’8 settembre si ritrova con governi costretti a elargire aiuti e sostegni miliardari alle proprie economie, mentre la Banca centrale si appresta a un rialzo record dei tassi per tentare di frenare la galoppata dei prezzi. Cortocircuito totale. Ed ecco la seconda ragione per cui occorre attendere il 12 settembre per guardare ad Amsterdam come vero proxy di ciò che ci attende.
Se infatti la Svezia ci offrirà uno spoiler della temperatura delle società europee di fronte all’escalation della disputa con Mosca, di fatto destinata a salire a livelli da girone dantesco il 25 settembre con le elezioni in Italia, ecco che tra giovedì e venerdì potrebbe sostanziarsi il temuto e finora negato approccio finale da spalle europee contro il muro della realtà. Se infatti la Bce potrebbe totalmente sconvolgere il mercato con 75 punti base di rialzo dei tassi, mentre i rigoristi tedeschi spediscono ulteriormente in cantina il principio di zero debito e annegano la società di contante, ecco che il giorno dopo la presidenza ceca dell’Ue potrebbe mettere sul tavolo del vertice dei ministri dell’Energia una sorta di documento di resa sotto mentite spoglie di draft.
Bloomberg ha infatti visionato la bozza di proposte cui stanno lavorando in queste ore a Bruxelles per tamponare gli effetti della chiusura totale di Nord Stream 1 e quanto è stato riportato tratteggia un quadro da emergenza totale, quasi un post-Lehman 2.0. Nei documenti, oltre a inseguire sotto varie forme la chimera del tetto sul prezzo al gas russo, si parla apertamente di possibile sospensione del trading per i derivati energetici e di salvataggi automatici attraverso linee di credito e garanzie per quelle utilities che rischino l’insolvenza a fronte di montanti richieste di rientro sui margini. Insomma, bail-out strutturali da margin calls che potrebbero tramutare il problema del gas in un effetto domino finanziario. L’Europa, i cui tempi di reazione sono noti a tutti, intende quindi cercare di bloccare un mercato basato su high-frequency trading e spoofing. Praticamente, l’elefante che vuole battere la gazzella in una gara velocità.
E a piantare preventivamente il proverbiale chiodo nella bara delle speranze europee di risolvere la questione con l’accordo sul tetto del prezzo, ci ha pensato nel weekend Goldman Sachs con il report al riguardo redatto da Damien Couravlin, sintetizzabile in maniera tanto chiara quanto inquietante in questi due abstract:
insomma, basta leggere il primo titolo per capire: l’idea di un price cap è tanto ribassista in teoria, quanto in realtà rialzista nella pratica. Insomma, paradossalmente, la banca d’affari newyorchese prevede che se anche si arrivasse a un accordo sul tetto del prezzo venerdì prossimo, il mercato potrebbe prezzarlo per quello che è in realtà già in tempo reale. Ecco perché la data che conta è quella di lunedì 12 settembre. Per ora, la mossa del cavallo del Cremlino pare strategicamente perfetta. La tempesta perfetta globale ormai è visibile. E a occhio nudo.
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