I movimenti del conto corrente devono essere giustificati all’Agenzia delle Entrate

Patrizia Del Pidio

31 Luglio 2024 - 13:31

Tutti i movimenti del conto corrente, sia in entrata che in uscita, devono avere documenti giustificativi. Vediamo l’ordinanza della Corte di Cassazione.

I movimenti del conto corrente devono essere giustificati all’Agenzia delle Entrate

L’Agenzia delle Entrate è legittimata a effettuare controlli sui conti correnti se ritiene che ci siano movimenti sospetti o viola la privacy del contribuente? Il cittadino può disporre liberamente dei soldi presenti sul proprio conto corrente, ma al tempo stesso deve essere a conoscenza del fatto che qualsiasi movimento deve essere validamente giustificato nel caso l’Agenzia delle Entrate effettui controlli.

Ogni prelievo e versamento sul proprio conto corrente deve avere una sorta di “pezza di appoggio” visto che l’Agenzia delle Entrate è autorizzata a effettuare controlli su qualsiasi conto corrente (a prevederlo è l’articolo 32 del Testo Univo sull’Accertamento delle Imposte sui Redditi del 1973).

La Cassazione dice ok ai controlli

La Cassazione, tra l’altro, riconosce la ragione all’Agenzia delle Entrate e con l’ordinanza 16850 del 19 giugno 2024 afferma proprio che ogni movimento sul conto corrente deve essere giustificato dal cittadino. Sia i movimenti in entrata che quelli in uscita. Se da una parte, quindi, il contribuente è libero di prelevare e versare qualsiasi cifra sul proprio conto corrente, dall’altra deve essere pronto a giustificare il movimento in caso di accertamento fiscale.

Se non si hanno, appunto, le giustificazioni dei movimenti in questione si può incorrere in un controllo dell’Agenzia delle Entrate per accertare che non si stia evadendo il Fisco.

La Corte di Cassazione per arrivare a questa conclusione ha esaminato il caso di un’ispezione condotta dalla Guardia di Finanza nei confronti di una Srl da cui sono emerse numerose irregolarità. Proprio a fronte delle fatture emesse senza dettagli essenziali, della registrazione di fatture per spese non pertinenti con l’attività, di ritenuto d’acconto non versate e altre irregolarità relative all’Iva, è stato dato il via a una indagine per determinare il volume di affari della società in questione.

Nell’effettuare le indagini non ci si è soffermati solo sui conti correnti societari, ma anche su quelli personali del legale rappresentate di alcuni suoi familiari (beneficiari di fatture emesse dalla società stessa). Alla luce di questi fatti agli interessati sono stati richiesti documenti che provassero i movimenti bancari. La documentazione fornita, però, era incompleta e superficiale e proprio per questo l’Agenzia delle Entrate ha dato il via a un accertamento fiscale per ricostruire l’eventuale evasione fiscale della società.

La sentenza e l’appello in Cassazione

Il reddito accertato dall’Agenzia delle Entrate è stato, poi, ridotto del 20% dalla Commissione Tributaria Provinciale di Salerno che, in ogni caso, con una sentenza del 2018, ha confermato la validità delle azioni dell’Ade. La società ha, quindi, presentato un appello, respinto dalla Commissione Tributaria Regionale nel 2020, a cui è seguita l’impugnazione della sentenza in Cassazione.

I Supremi Giudici hanno ribadito, però, che il titolare del conto corrente deve essere in grado di dimostrare che qualsiasi prelievo o versamento sia collegato a somme contabilizzati o costi sostenuti dalla società. Nella sentenza i Giudici hanno sottolineato che “in tema di accertamenti bancari, gli artt. 32 del D.P.R. n. 600 del 1973 e 51 del D.P.R. n. 633 del 1972 prevedono una presunzione legale in favore dell’erario che, in quanto tale, non necessita dei requisiti di gravità, precisione e concordanza richiesti dall’art. 2729 c.c. per le presunzioni semplici, e che può essere superata dal contribuente attraverso una prova analitica, con specifica indicazione della riferibilità di ogni versamento bancario, idonea a dimostrare che gli elementi desumibili dalle movimentazioni bancarie non attengono ad operazioni imponibili, cui consegue l’obbligo del giudice di merito di verificare con rigore l’efficacia dimostrativa delle prove offerte dal contribuente per ciascuna operazione e di dar conto espressamente in sentenza delle relative risultanze”.

I controlli dell’Agenzia delle Entrate sono leciti

La Cassazione ha ritenuto legittimi tutti i controlli effettuati dall’Agenzia delle Entrate sui conti correnti. In tale ambito, poi, va ricordato anche che l’Ade dispone dell’anonimometro per assoggettare i conti correnti a controlli e che si tratta di uno strumento non solo approvato dal Garante della Privacy recentemente, ma anche in grado di incrociare moltissimi dati in possesso dell’amministrazione tributaria garantendo, al tempo stesso, l’anonimato delle persone per le quali non si evidenziano irregolarità.

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