Mezza Italia potrebbe non rientrare in zona gialla dal 7 gennaio
Alcune Regioni italiane potrebbero non rientrare automaticamente in zona gialla in prossimo 7 gennaio. Le misure del Natale, che hanno trascinato l’Italia in una zona rossa a singhiozzo dal 21 dicembre al 6 gennaio, sembrano non essere state sufficienti a contenere la curva dei contagi. E così il Governo vorrebbe anticipare al 7 gennaio norme che precluderebbero il rientro di alcune Regioni in zona gialla.
La nuova stretta potrebbe essere applicata attraverso una modifica ai 21 indicatori. Vediamo quali sono le ipotesi dell’esecutivo e quali Regioni rischiano di finire in zona arancione o rossa.
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Terza ondata dietro l’angolo in Italia
La situazione dei contagi continua a preoccupare gli scienziati, nonostante per molti cittadini quelle del 2020 non siano state festività comuni. Due sono, in particolare, i dati sotto osservazione: il rapporto fra nuovi casi e persone cui è stato fatto il tampone per la prima volta, al 38,85% e l’indice Rt nazionale che è di nuovo vicino a 1.
L’Rt risulta pericoloso non tanto di per sé, ma se combinato con il dato sugli infetti attivi, che in Italia, sottolinea il professore di fisica all’Università di Trento Roberto Battiston, è “ancora altissimo”, intorno alle 577mila unità. “Con questi numeri la terza ondata è dietro l’angolo”, sottolinea lo scienziato.
Governo rivede i criteri per le zone colorate?
Insomma, si rischia il ripetersi della situazione dello scorso anno, con conseguente lockdown generale. Un’eventualità che il Governo, per diverse ragioni, è intenzionato a evitare a tutti i costi. Due sono le principali ipotesi al vaglio: la prima è quella di anticipare al 7 gennaio il DPCM in arrivo il 15 gennaio, alla scadenza di quello del 3 dicembre che ha rinnovato il sistema a zone.
Il secondo è quello presentare un provvedimento-ponte, che sarebbe però accompagnato da una modifica agli indicatori che disciplinano l’assegnazione delle Regioni alle varie zone gialle, arancioni e rosse.
La nuova categorizzazione si potrebbe basare su due parametri principali, il numero di positivi per 100.000 abitanti e l’Rt.
La soglia del primo dovrebbe essere alzata, anche perché tutte le Regioni hanno già ampiamente superato la soglia di tranquillità attualmente fissata a 50. Per quanto riguarda l’indice di trasmissibilità, invece, dovrebbero essere abbassati di uno 0,25 i valori che determinano il passaggio di una Regione alla zona arancione e rossa. Così basterebbe un Rt a 1 (contro l’1,25 attuale) per finire in semi-lockdown, e un 1,25 (contro l’1,50 attuale) per finire in lockdown.
Quali Regioni rischiano di entrare in zona arancione
In tale ipotesi, le Regioni a rischio zona rossa sono tre: Veneto, Liguria e Calabria. Il loro Rt è già superiore a 1, e quindi finirebbero automaticamente in zona arancione. Questa implica divieto di spostamento fuori dal Comune se non per motivi di necessità e lavoro, nonché chiusura di bar e ristoranti. È proprio per il Veneto che ci si attinge a ripensare i parametri: da diverse settimane la Regione governata da Luca Zaia è la più a rischio, ma grazie a una combinazione di indicatori rimane in zona gialle.
Altre tre Regioni hanno un Rt superiore di poco a 1, e dunque senza un miglioramento rispetto all’ultimo monitoraggio passerebbero alla zona arancione: Lombardia, Puglia e Basilicata.
Infine, altre tre Regioni sono a livelli molto vicini a Rt 1: Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia e Marche. Insomma, con un’ulteriore crescita dei contagi mezza Italia rischierebbe di ritrovarsi con locali di ristorazione chiusi e spostamenti comunali vietati. È chiaro che molti spostamenti fra Regioni risulterebbero limitati.
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