L’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico scalda i motori in vista del prossimo G20: rilanciata la proposta di un “approccio unificato” per tassare quelle società specializzate nell’elusione fiscale.
L’OCSE, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, ha lanciato la proposta di un “approccio unificato” per la tassazione delle multinazionali e del settore digitale.
La proposta dell’Organizzazione, sollecitata ad inizio anno da 130 Paesi, è finalizzata al raggiungimento di un accordo politico entro giugno 2020. “La proposta – spiega l’Organizzazione – riunisce gli elementi comuni da 3 progetti avanzati da Paesi che aderiscono all’Inclusive Framerwork sul BEPS (Base Erosion and Profit Shifting) in sede OCSE/G20, che riunisce 134 Paesi e mira a contrastare l’evasione fiscale internazionale da parte delle multinazionali”.
OCSE: due gli elementi fondamentali
La proposta punta a “riallocare parte dei profitti e dei corrispondenti introiti fiscali ai Paesi e alle giurisdizioni in cui le entità multinazionali operano”.
Si tratta quindi di un provvedimento che potrebbe garantire “che queste società, che hanno un’attività significativa in Paesi in cui non hanno una presenza fisica, siano tassate tramite la creazione di nuove normative”.
Due gli elementi che queste nuove normative devono riconoscere:
- dove le tasse devono essere pagate
- la quota di profitti che va tassata.
OCSE: Gurría, azioni unilaterali rappresentano rischio
“Stiamo registrando progressi concreti per affrontare la sfida della tassazione che arriva dal processo di digitalizzazione dell’economia”, ha detto il segretario generale dell’Organizzazione con sede a Parigi, Angel Gurría. L’obiettivo è quello di ottenere “una soluzione condivisa per la revisione del sistema fiscale internazionale entro il 2020”.
Si tratta di un progetto particolarmente complesso “che ingloba elementi comuni di proposte concorrenti esistenti che coinvolgono 130 Paesi, con contributi di governi, imprese, società civile, mondo accademico e società civile”.
Un mancato accordo entro il 2020 “finirebbe per incrementare il rischio che i Paesi agiscano in maniera unilaterale,con conseguenze negative su un’economia globale già fragile”.
“Non dobbiamo permettere che questo accada”, ha concluso Gurría.
Il riferimento è al provvedimento approvato nel corso dell’estate dalle autorità francesi che prevede il pagamento per i giganti del Web di un’imposta pari al 3% del fatturato. Dall’imposta, soprannominata GAFA ( acronimo di Google, Facebook, Apple e Amazon), dovrebbe arrivare un gettito di mezzo miliardo di euro (La Francia tassa i giganti del web, da Google briciole al fisco italiano).
Web Tax: questa la situazione attuale
L’ascesa dei giganti del web ha mostrato tutti i limiti dell’attuale modello di tassazione. Tramite accordi di licenza con società controllate, ed a regimi fiscali particolarmente favorevoli, queste società finiscono per essere sottoposte ad aliquote di tassazione irrisorie.
Di un accordo a livello globale finirebbero per beneficiare i maggiori Paesi mentre i paradisi fiscali, i Paesi con bassi livelli di tassazione (Irlanda su tutti) e le stesse compagnie sono destinati a rimetterci.
Web Tax, il piano europeo
L’obiettivo della Web Tax è il superamento del principio della “residenza fiscale” delle aziende, adattandolo all’economia digitale.
Ieri il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri, nel corso di un’audizione davanti alla Commissione Finanze di Senato e Camera si è detto particolarmente ottimista sul raggiungimento di un accordo a livello europeo.
“L’Italia ha appena chiesto alla Commissione Europea di presentare una direttiva su una tassazione minima effettiva«, ha detto Gualtieri.»Siamo molto vicino chiudere un accordo di cooperazione rafforzata a livello europeo”.
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