La Corte costituzionale cancella il reato per mancato versamento di ritenute d’imposta nel modello 770. La condotta “incriminata” torna a costituire un mero illecito amministrativo tributario.
Incostituzionale la sanzione penale per omesse ritenute dovute.
Una nuova pronuncia della Corte Costituzionale dichiara l’illegittimità costituzionale, per eccesso di delega, del reato di mancato versamento delle ritenute d’imposta dovute sulla base delle dichiarazioni di sostituto d’imposta per le quali non c’è prova del rilascio delle certificazioni ai sostituti.
La Corte si riferisce alla norma di legge che nel 2015 aveva aggiunto nella fattispecie di reato il riferimento al modello 770, attraverso il quale, i datori di lavoro che operano in qualità di sostituti d’imposta nei confronti dei loro dipendenti, indicano l’ammontare delle trattenute previdenziali e assistenziali operate, ai fini della liquidazione e del versamento.
La Consulta dunque, con sentenza n. 175 depositata il 14 luglio 2022, dichiara parzialmente illegittime due norme, laddove prevedono la rilevanza penale dell’illecito; la condotta “incriminata” torna oggi a costituire un mero illecito amministrativo tributario, com’era nel regime prima del 2015.
Il reato è penale solo quando il mancato versamento da parte del sostituto riguarda le ritenute certificate sempre per un ammontare superiore a 150 mila euro per ciascun periodo d’imposta.
Omesso versamento di ritenute: cosa dice la legge
Pagare i contributi è un obbligo previsto dalla nostra legge ed è un argomento che ci tocca da vicino, specialmente se si è dei datori di lavoro. Sono infatti queste figure che devono applicare le trattenute previdenziali e assistenziali di legge.
L’omesso versamento di ritenute previdenziali e assistenziali è previsto dalla legge come reato, punito con la reclusione fino a tre anni e con la multa fino a 1.032 euro, quando l’importo delle ritenute operate ma non versate supera la soglia di punibilità di 10.000 euro annui.
Se i contributi non versati dai datori di lavoro non superano i 10.000 euro annui, non viene prevista una sanzione penale ma solo una sanzione amministrativa che può variare dai 10.000 fino ai 50.000, in base a quanto grave sia la situazione.
Inoltre, a norma dell’articolo 157 del Codice Penale, il suddetto reato si prescrive in sei anni decorrenti dal momento della consumazione.
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Le norme su cui la Corte Costituzionale è intervenuta
La Consulta è intervenuta sulla fattispecie di reato che fa riferimento al modello 770, attraverso il quale i datori di lavoro che operano in qualità di sostituti d’imposta nei confronti dei loro dipendenti indicano l’ammontare delle trattenute previdenziali e assistenziali operate, ai fini della liquidazione e del versamento.
Per l’esattezza la Corte ha affermato l’illegittimità costituzionale sia dell’articolo 7, comma 1, lettera b), dlgs 158/2015, che ha operato la revisione del sistema sanzionatorio penale tributario in attuazione della delega ex articolo 8, comma 1, L. 23/2014, nella parte in cui ha inserito le parole «dovute sulla base della stessa dichiarazione o»; sia dello stesso articolo 10-bis dlgs 74/2000, nella parte in cui prevede la rilevanza penale dell’omesso versamento di ritenute dovute sulla base della mera dichiarazione annuale di sostituto d’imposta (cd. modello 770).
Cosa vuol dire questo? Il decreto legislativo 158 nel 2015 aveva aggiunto il riferimento al modello 770 all’articolo 10 bis del decreto legislativo 74/2000 senza che glielo consentisse la legge delega 23/2014, che all’articolo 8 disciplina la revisione delle sanzioni tributarie.
Il provvedimento attuativo, infatti, ha ampliato la fattispecie penale andando oltre i paletti indicati dalla delega, concentrati sulla determinazione della pena e sulla lotta a condotte gravi e insidiose per il fisco.
Ritenute nel modello 770: non c’è più reato
Ne consegue che, con l’intervento della Consulta, non costituisce più reato il mancato versamento delle ritenute dovute sulla base della dichiarazione di sostituto d’imposta ma per le quali non c’è prova del rilascio delle certificazioni ai sostituiti, cioè ai lavoratori dipendenti, come già aveva affermato, nel 2019, la Corte di Cassazione.
Così come sottolineato dal giudice rimettente, la normativa vigente realizza il paradosso che, in difetto del rilascio delle certificazioni, è punito il contribuente che presenti un modello 770 veritiero e ometta di versare le ritenute per un importo superiore a 150.000 euro; mentre va esente da pena il sostituto di imposta che, rendendosi ugualmente inadempiente a un debito tributario di pari entità, presenti una dichiarazione falsa, indicando un debito inferiore alla soglia di punibilità.
I giudici costituzionali hanno descritto questo fenomeno come una palese «irragionevolezza» del legislatore delegato, che ha inserito arbitrariamente nella fattispecie penale una condotta esorbitante dal perimetro assegnato nella legge di delega.
Insomma, l’applicazione della norma penale non può dipendere dalla “scelta” del contribuente che decide di dichiarare o meno le somme, in questo caso, le ritenute operate, cercando di rimanere sotto soglia e così incidendo a suo piacimento sulla quantificazione del debito contributivo o dell’imposta evasa.
Quando c’è reato penale?
A seguito dell’intervento della Corte Costituzionale, la condotta sanzionabile a livello penale è tornata a essere quella che riguarda le ritenute certificate per un ammontare superiore a 150mila euro per ciascun periodo d’imposta.
La norma incriminatrice nella sua formulazione originaria prima del 2015, era la seguente:
È punito con la reclusione da sei mesi a due anni chiunque non versa entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto di imposta ritenute [dovute sulla base della stessa dichiarazione o: questa parte è stata espunta, n.d.r.] risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti, per un ammontare superiore a 150mila euro per ciascun periodo d’imposta.
Ricordiamo che la mancata presentazione del modello 770 non è stata toccata dalla declaratoria di incostituzionalità e rimane un reato autonomo, punito con la reclusione da 2 a 5 anni quando l’ammontare delle ritenute non versate supera i 50mila euro.
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