Un team di ricercatori ha individuato i segnali-spia legati alle forme più gravi di Covid-19 tra i bambini. Ci sono dei soggetti più a rischio, entriamo nel dettaglio.
Sono stati individuati i segnali-spia legati alle forme più gravi di Covid-19 nei bambini. Sebbene i più piccoli sviluppino risposte immunitarie innate maggiori nei confronti del virus Sars-CoV-2 rispetto agli adulti, ci sono alcuni soggetti predisposti geneticamente alla sindrome multisistemica. Con un aumento precoce e incontrollato dei livelli dei biomarcatori infiammatori.
È quanto emerge da una ricerca condotta tra Italia e Usa con il Policlinico San Matteo di Pavia e pubblicata sulla rivista Nature Medicine. Ma quali sono i bimbi a rischio malattia grave? Entriamo nel dettaglio.
Allarme sindrome multisistemica nei bimbi, lo studio
Alcuni bimbi sarebbero geneticamente predisposti alla sindrome multisistemica, una complicanza grave e rara del Covid-19. In genere, i più piccoli sviluppano risposte immunitarie innate maggiori nei confronti del coronavirus. Ma con Omicron i casi di positività sono esplosi anche tra i bambini e tra gli scienziati scatta l’allerta.
I segnali-spia individuati dai ricercatori italiani e americani sono legati alle forme più gravi di Covid-19, ovvero le infiammazioni simili alla malattia di Kawasaki e alla sindrome da shock tossico (Mis-C).
Gli scienziati hanno cercato di individuare l’andamento di diversi marcatori immunitari di infiammazione tra i bambini positivi al Covid-19 e tra quelli con Mis-C. In questo modo, i ricercatori hanno individuato una serie di segnali-spia che permettono di comprendere come alcuni soggetti siano geneticamente predisposti a sviluppare la sindrome infiammatoria multisistemica. Sindrome rara e molto grave in cui si verifica un processo infiammatorio che colpisce diversi organi e che può mettere a rischio la vita.
Ad avere individuato i marcatori è il pool di scienziati coordinato da Luigi Daniele Notarangelo, direttore dell’area immunologica dell’Istituto nazionale americano di allergie e malattie infettive (Niaid), negli Usa dopo la laurea e la specializzazione in Pediatria a Pavia.
Tra i primi firmatari dello studio c’è anche un giovane pediatra pavese, Riccardo Castagnoli, che ha condotto questa ricerca internazionale direttamente negli Stati Uniti. Dall’Italia ha collaborato il team di Gian Luigi Marseglia, del dipartimento di Pediatria del San Matteo di Pavia. Coinvolti nella ricerca numerosi centri pediatrici in Italia, Cile, Israele e Stati Uniti.
Omicron tra i bambini, i rischi
La variante Omicron continua a viaggiare tra gli under 18, quasi «risparmiati» nelle prime fasi della pandemia. A essere maggiormente esposti sono i bambini tra i 5 e gli 11 anni.
Rocco Russo, coordinatore del tavolo tecnico vaccinazioni della Società Italiana di Pediatria (Sip), ha spiegato a Money.it: «Omicron non predilige i più piccoli, il problema è che i bambini sono più esposti all’infezione di Sars-Cov-2 perché non possono beneficiare dei vaccini e non possono mettere in atto in maniera efficace quegli interventi di protezione, come distanziamento e mascherina».
Russo conclude parlando dell’importanza della vaccinazione tra i più piccoli per evitare gravi complicanze: « Essere vaccinati e avere la possibilità di essere protetti riduce il rischio della terapia intensiva e della morte. Non solo. I bambini contagiati sono a rischio di gravi complicanze, tra cui la malattia infiammatoria cronica sistemica, una reazione autoimmunitaria scatenata dal virus. Che può causare forme gravi e decessi. E i piccoli pazienti Covid sono particolarmente esposti. La vaccinazione protegge da questo rischio. Un altro problema importante può essere il long Covid, un prolungamento dei sintomi dell’infezione. Inoltre è importante bloccare le vie di fuga del virus, impedendogli di riprodursi».
© RIPRODUZIONE RISERVATA