Esiste un importo minimo di pensione, ma non tutti ne hanno diritto: dipende, infatti, dal reddito percepito dal pensionato (e dall’eventuale coniuge).
Pensioni: esiste un importo minimo sotto il quale non si può andare? Chi si appresta ad andare in pensione, ma sa che con i pochi contributi a disposizione non andrà a maturare un assegno di chissà quale valore, spesso si fa questa domanda così da farsi un’idea di quale potrebbe essere l’importo minimo dell’assegno di pensione.
D’altronde con il passaggio al sistema di calcolo contributivo, che lega l’importo dell’assegno di pensione al monte contributivo dato dagli anni di lavoro e dal valore degli stipendi percepiti, ha portato sempre più persone a farsi questa domanda.
Tuttavia non è possibile rispondere con un semplice “Sì o No”, dal momento che ci sono diverse precisazioni da fare in merito all’importo minimo della pensione: questo esiste, ma viene riconosciuto solamente a coloro che hanno un reddito inferiore ad una certa soglia.
Bisogna soddisfare, quindi, una combinazione di requisiti per poter meritare un aumento dell’importo della pensione fino al minimo garantito dalla legge; vediamo quali sono.
Esiste una pensione minima: ecco l’importo
Una pensione minima esiste, anzi volendo essere precisi è più opportuno parlare di trattamento minimo annuo del fondo pensioni lavoratori dipendenti.
Si tratta di un importo che viene riconosciuto al pensionato con reddito da pensione che - sulla base del calcolo dei contributi versati - risulti essere inferiore al livello che la legge indica come il “minimo vitale”. Questo importo viene rivalutato ogni anno sulla base dell’andamento dell’inflazione e per il 2019 è pari a 6.669,13€ annui, che al mese ammontano a 513,01€.
Secondo quanto previsto dall’attuale normativa, quindi, l’assegno di pensione non potrebbe essere inferiore ai 513,01€; ma attenzione, perché questo non vale per tutti i pensionati ma solamente per coloro che soddisfano determinati requisiti legati al reddito.
Pensione minima: chi ne ha diritto?
Nel caso in cui un pensionato abbia maturato un assegno mensile inferiore ai 513,01€ potrebbe avere diritto ad un’integrazione dello stesso fino al raggiungimento della suddetta somma. Affinché il pensionato possa vedere la propria pensione aumentata fino a 513,00€ è necessario che questo abbia un reddito non superiore a:
- reddito individuale: 6.669,13€;
- reddito coniugale (se sposato): 20.007,39€.
Nella maggior parte dei casi, quindi, bisogna tenere in considerazione non solo il reddito del pensionato ma anche quello di un eventuale coniuge; questo non vale per le pensioni che hanno decorrenza fino al 31 dicembre 1993, per le quali si tiene conto del solo reddito individuale.
Ma attenzione: perché ci sono delle pensioni che vengono comunque integrate, ma non fino al raggiungimento dei 513,00€ previsti. Esistono delle soglie di reddito, infatti, al di sotto delle quali spetta un’integrazione solo parziale. Questo vale nel caso di:
- reddito individuale compreso tra 6.669,13€ e 13.338,26€ (due volte l’importo annuo del trattamento minimo);
- reddito coniugale compreso tra 20.007,39€ e 26.676,52€.
In questi casi si ha comunque diritto ad un’integrazione, calcolata sull’importo minimo della pensione, ma in misura parziale. Questa integrazione si calcola sottraendo dalla soglia massima fissata dall’Inps il reddito percepito, per poi dividere il tutto per tredici mensilità.
Ricordiamo, prima di concludere, che il reddito da considerare ai fini del calcolo è quello soggetto a tassazione Irpef; di conseguenza non si tiene conto di pensioni di invalidità, case di proprietà, rendite Inail, TFR e della stessa pensione da integrare al minimo.
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