La pensione non è irrevocabile, ecco chi rischia di dover restituire tutto

Alessandro Nuzzo

27 Gennaio 2024 - 12:18

L’ultimo caso è di un pensionato che a causa di un giorno di lavoro pagato 77 euro, l’Inps gli ha tolto la pensione: ecco perché.

La pensione non è irrevocabile, ecco chi rischia di dover restituire tutto

Lavora come comparsa in un film per un solo giorno percependo uno stipendio da 77 euro netti e perde la pensione per l’intero anno pari a circa 19mila euro. La spiacevole sventura è accaduto ad un cittadino altoatesino, andato in pensione 5 anni fa con Quota 100 dopo oltre 30 anni di lavoro in una ditta di commercio di termoidraulica. Tutto è iniziato nel 2021 quando all’uomo, in pensione, gli si è palesata l’occasione di fare la comparsa nel film «Io trafficante di Virus» ispirato al libro della virologa Ilaria Capua.

Una regolare giornata di lavoro pagata con busta paga 77 euro netti. Poi però è arrivata l’amara sorpresa da parte dell’Inps che gli ha sospeso la pensione per i 5 mesi restanti nel 2021 ed ha preteso indietro anche le mensilità già percepite nello stesso anno per un totale di 19mila euro.

Caso analogo è successo anche ad un lavoratore veneto che per aver lavorato a chiamata presso l’agenzia di un amico percependo in 5 mesi 1.600 euro, l’Inps gli ha tolto la pensione e ne vuole 12mila euro indietro. Anche lui era andato in pensione con Quota 100 a 62 anni dopo aver versato 42 anni di contributi. A giugno 2023 gli arriva la proposta di un amico che vorrebbe assumerlo per farsi dare una mano presso la sua agenzia. Firma un contratto a chiamata e inizia a prestarsi per servizi occasionali che si susseguono fino a ottobre, traendo da questo lavoro in media 320 euro al mese. A novembre arriva la stangata: l’Inps gli sospende la pensione delle due mensilità restanti nel 2023 e pretende indietro anche le somme già versate nello stesso anno pari a 12.000 euro.

Ecco perché la pensione è stata sospesa

La sospensione della pensione per i due ma anche per tanti altri pensionati è dovuta alla regola presente nelle misure di pre pensionamento come Quota 100, 102 e 103. La Legge prevede che chi accetta di andare in pensione in anticipo grazie a Quota 100, 102 o 103 a seconda degli anni, ha l’obbligo di non cumulare la pensione con alcun reddito da lavoro ad eccezione di quello derivante da lavoro autonomo occasionale nel limite di 5 mila euro lordi annui. L’Inps quindi, a prescindere dagli importi irrisori, non vuole sentire ragioni. Se nell’anno si è percepito anche un minimo stipendio con contratto di lavoro dipendente, il pensionato si vede sospendere la pensione per l’intero anno in cui il reddito extra è maturato.

Tale regola vige fino al raggiungimento dei requisiti per l’accesso alla pensione di vecchiaia, quindi al compimento dei 67 anni. Dopodiché la Legge non prevede divieti di cumulo tra redditi lavorativi e pensione il che significa che una volta liquidato l’assegno si può anche essere assunti e riprendere a lavorare. Ma negli anni di pre pensionamento questo non è possibile.

I pensionati che si difendono dicendo che non erano a conoscenza di tale regola, in realtà firmano un documento da inviare all’Inps i cui si impegnano a non lavorare se non in maniera autonoma occasionale.

La norma è stata considerata legittima anche dalla Corte Costituzionale. Con la sentenza n. 234 del 2022, gli ermellini hanno riconosciuto come legittima la norma che vieta lo svolgimento di qualsiasi rapporto di lavoro subordinato - anche intermittente - a coloro che hanno fatto accesso alla pensione ricorrendo a una misura di flessibilità come Quota 100.

La Corte Costituzionale ha ribadito che questo divieto non viola i principi della Costituzione neppure nel caso in cui possa determinarsi una sproporzione tra l’entità dei redditi da lavoro percepiti e i ratei di pensione da dover restituire.

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