Pensione di reversibilità addio? Ecco cosa c’è di vero

Antonio Cosenza

20 Dicembre 2019 - 08:55

La riforma delle pensioni riguarderà anche la pensione ai superstiti? Indiscrezioni riguardo ad una (improbabile) revisione della reversibilità.

Pensione di reversibilità addio? Ecco cosa c’è di vero

La pensione di reversibilità - detta anche pensione ai superstiti - come la conosciamo oggi potrebbe non esistere più in un futuro non molto lontano, almeno stando alle indiscrezioni fatte circolare in queste ore da alcuni organi di stampa.

Non è la prima volta che si parla di una possibile revisione della pensione di reversibilità, con l’introduzione di nuovi requisiti che andrebbero a restringere la platea dei beneficiari. Questa volta le indiscrezioni si fanno più insistenti, tant’è che si legge che la pensione di reversibilità potrebbe essere riservata a coloro che hanno un reddito inferiore ad una certa soglia (oggi a seconda del reddito si applica solo una riduzione dell’importo, che può arrivare fino al 50%).

I familiari con redditi elevati, quindi, dovrebbero dire addio alla pensione di reversibilità; una restrizione che se introdotta potrebbe avere la stessa portata che ha avuto la riforma Fornero del 2011. Ma quante possibilità ci sono al momento riguardo ad un possibile intervento? Poche; vediamo perché.

Pensione di reversibilità solo per i redditi bassi: le indiscrezioni che spaventano gli italiani

Che riguardo alla pensione di reversibilità sia in atto da anni un dibattito riguardo ad una possibile revisione della misura che oggi spetta, ricordiamo, a coniuge e figli superstiti del defunto (e - ma solo in determinate circostanze - ad altri familiari), non è un segreto.

D’altronde qualsiasi provvedimento che andrebbe a ridurne i costi darebbe respiro alla spesa previdenziale, sempre meno sostenibile per le casse dello Stato.

Nel dettaglio, l’ipotesi di cui si parla in queste ore aggiunge al vincolo parentale un altro requisito, quello reddituale. In poche parole la pensione di reversibilità verrebbe riconosciuta a coniuge o figli solamente nel caso in cui il reddito di questi sia inferiore ad una certa soglia. La pensione di reversibilità, quindi, sarebbe legata al reddito ISEE, trasformandosi da misura di tipo previdenziale a prestazione assistenziale.

Questo vorrebbe dire due cose: da una parte una restrizione degli aventi diritto, e dall’altra una riduzione degli importi (che a loro volta sarebbero proporzionati al reddito percepito).

È bene dire però che ad oggi non c’è alcun progetto politico riguardante ciò; ma d’altronde, quale maggioranza si prenderebbe le responsabilità di un intervento tanto impopolare?

Pensione di reversibilità: perché resterà così com’è

Negli ultimi anni la linea politica - indipendentemente dal “colore” della maggioranza - è stata chiara: migliorare il sistema previdenziale rivedendo regole per l’accesso alla pensione, riconoscendo una maggiore flessibilità ad alcune categorie di lavoratori.

D’altronde lo stesso Governo M5S-PD ha annunciato di voler superare la Legge Fornero e che per questo il prossimo anno verrà aperto un tavolo di concertazione ai fini del raggiungimento di un accordo con i sindacati.

Questo perché il tema delle pensioni interessa un’ampia fetta di elettorato ed interventi mirati non fanno altro che aumentare consensi. Quindi, salvo eventi clamorosi - come quelli che hanno portato il Governo Monti all’approvazione della “sanguinosa” riforma delle pensioni - è impensabile credere che ci possa essere una revisione di questa portata per la pensione di reversibilità.

Probabilmente anche nei prossimi anni non mancheranno gli esperti che suggeriranno di fare cassa sulle pensioni ai superstiti, introducendo appunto un meccanismo che le possa legare al reddito, ma personalmente riteniamo che interventi concreti in tal senso difficilmente verranno approvati.

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