Cosa prevede la legge Cirinnà sulla pensione di reversibilità per le unioni civili alla morte del partner: cosa cambia rispetto alla convivenza di fatto.
La pensione di reversibilità spetta anche alle unioni civili, se il partner dello stesso sesso muore. Le unioni civili, regolamentate dalla legge Cirinnà del 2016, sono equiparate al matrimonio, per questo le parti godono degli stessi diritti (o quasi).
Le cose stanno diversamente per la convivenza di fatto: il convivente, in nessun caso, ha diritto alla pensione di reversibilità del partner.
In merito alle unioni civili tra omosessuali, anche la Corte di cassazione si è recentemente espressa a favore della pensione di reversibilità per il superstite, adeguandosi alla circolare dell’Inps n. 5171 del 2016.
Sì alla pensione di reversibilità in caso di unioni civili
La legge 76/2016 (nota come legge Cirinnà) ha disciplinato per la prima volta in Italia le unioni civili tra coppie gay, estendendo molte delle tutele previste per le persone sposate. Nonostante gli iniziali dubbi interpretativi, la legge ha riconosciuto anche per le unioni civili il diritto alla pensione di reversibilità, ovvero il trattamento pensionistico erogato dall’Inps alla morte del partner e in presenza di alcuni requisiti.
Anzi, le coppie omosessuali che hanno contratto l’unione civile hanno diritto - oltre alla pensione di reversibilità - anche ad altri trattamenti economici:
- integrazione al trattamento minimo, cioè una forma di sostegno economico erogata dall’Inps a chi ha una pensione particolarmente bassa;
- maggiorazione sociale, prestazione previdenziale concessa su richiesta dall’Inps per cittadini economicamente svantaggiati.
Le precisazioni dell’Inps sulla reversibilità alle unioni civili
Poco dopo l’entrata in vigore della legge Cirinnà, l’Inps ha precisato che ai fini previdenziali le coppie che hanno stretto un’unione civile sono equiparate in toto ai coniugati. In sostanza, allo stato attuale, hanno diritto alla pensione di reversibilità:
- il coniuge superstite anche separato o divorziato;
- i figli del defunto che non abbiano più di 18 anni o, indipendentemente dall’età, i figli inabili al lavoro e a carico del genitore al momento del decesso;
- il componente superstite dell’unione civile;
- i genitori del defunto, in assenza del coniuge, dei figli o della parte superstite che ha costituito l’unione civile;
- i fratelli celibi e sorelle nubili inabili al lavoro e carico del lavoratore deceduto, quando mancano anche i genitori.
Ad oggi, quindi, anche in favore del componente dell’unione ancora in vita (ma non dei conviventi, come vedremo più avanti) è possibile erogare, sempre su richiesta dell’interessato, il 60% del trattamento maturato o goduto dal compagno scomparso, secondo quanto prevede la legge n. 335 del 1995.
Come chiedere la pensione di reversibilità
Per ottenere l’assegno dell’Inps occorre presentare apposita domanda alla morte del partner personalmente agli uffici dell’Ente previdenziale oppure tramite patronato o online sul portale istituzionale.
La richiesta deve essere corredata dei documenti seguenti:
- certificato di morte della parte dell’unione civile
- certificato (anche autocertificazione) dalla quale risulti l’unione civile
- dichiarazione di non avvenuta pronuncia di sentenza di separazione con addebito
- dichiarazione di non aver contratto un nuovo matrimonio o unione
- dichiarazione sul diritto alle detrazioni d’imposta e reddituale
- modalità di pagamento
Ai conviventi di fatto spetta la pensione di reversibilità?
Oltre alle unioni civili tra persone dello stesso sesso, la legge Cirinnà disciplina diritti e doveri delle coppie conviventi tra questi, però non compare la pensione di reversibilità. Dunque, contrariamente a quanto previsto per le unioni civili - che sono equiparate al matrimonio - i conviventi di fatto non hanno diritto alla pensione di reversibilità dopo la morte del partner.
Per tale ragione, i beneficiari di pensione di reversibilità per un precedente matrimonio/unione civile, non perdono l’assegno se iniziano una nuova convivenza di fatto; mentre lo perderebbero dopo la stipulazione di nuove nozze o unione civile.
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