L’Unione Europea chiede all’Italia di dare piena attuazione della riforma Fornero. Sarà vincolante ai fini del riconoscimento delle risorse del Recovery Fund.
Pensioni: cosa significa che l’Italia “deve dare piena attuazione della Legge Fornero”? Nelle ultime ore si è tornati a parlare con insistenza di riforma delle pensioni e non perché la trattativa tra Ministero del Lavoro e sindacati sia arrivata ad un punto di svolta (anzi, le ultime novità sul fronte previdenziale potrebbero persino comprometterne il buon esito).
Se ne parla perché con l’aggiornamento delle linee guida per l’accesso al Recovery Fund l’Unione Europea ha ribadito che riforme delle pensioni che andranno ad incrementare la spesa previdenziale del Paese non saranno ammesse.
Il Recovery Fund, quindi, sarà un ostacolo per la riforma delle pensioni: l’Unione Europea, infatti, ha tracciato la strada che l’Italia dovrà seguire per ottimizzare il sistema pensionistico. Indicazioni che non lasciano spazio ad interpretazioni: la linea da seguire sarà quella dettata dalla Fornero nel lontano 2011.
Pensioni: cosa significa che l’Italia dovrà dare piena attuazione della Legge Fornero?
L’Unione Europea ha chiaramente detto all’Italia che per ottenere le risorse per la ripartenza dopo la crisi Covid serve con urgenza approvare riforme strutturali.
Una di queste riforme dovrà interessare necessariamente gli assegni previdenziali e tutto il sistema pensionistico. Una riforma che dovrà seguire una chiara indicazione: “bisognerà dare piena attuazione della Legge Fornero”.
Cosa significa questo? Già oggi i pensionati italiani per aver accesso al trattamento previdenziale devono soddisfare le regole introdotte ormai dieci anni fa dal Governo Monti. I requisiti per la pensione di vecchiaia, come pure quelli per la pensione anticipata, rispondono infatti delle modifiche allora apportate dalla riforma Fornero, con la quale è stata aumentata l’età pensionabile.
Parimenti, però, sono state introdotte negli anni misure di flessibilità per l’accesso alla pensione, come ad esempio Opzione Donna (che tuttavia non comporta un innalzamento della spesa previdenziale in quanto prevede una penalizzazione sull’assegno per chi vi ricorre) e Quota 100. Specialmente quest’ultima è stata oggetto di discussione in Unione Europea, in quanto lo scopo di Quota 100 era proprio quello di andare oltre alle regole dettate dalla riforma Fornero permettendo agli italiani di godere di un trattamento più favorevole andando così in pensione con largo anticipo.
Ebbene, se in futuro l’Italia vorrà avere accesso alle risorse del Recovery Fund non potrà ripetere quanto fatto con Quota 100. Non ci dovranno essere strade alternative a quella tracciata dalla Legge Fornero, con l’obiettivo di mantenere la spesa pensionistica sotto determinati standard. Un vincolo che potrebbe anche compromettere il buon esito delle trattative tra Ministero del Lavoro e sindacati rispetto ad una misura di flessibilità che possa prendere il posto di Quota 100 dal 1° gennaio 2022, a meno che comunque questa misura non preveda delle penalizzazioni sufficienti da non far aumentare ulteriormente la spesa per le pensioni.
Riforma Fornero: l’adeguamento dei requisiti con le aspettative di vita deve riprendere
Ma c’è un altro aspetto su cui l’Italia dovrà fare un passo indietro. La riforma Fornero, infatti, ha stabilito che ogni due anni i requisiti per l’accesso alla pensione debbano essere adeguati alle speranze di vita. Tuttavia, con il decreto 4/2019 sono stati bloccati - almeno fino al 2026 - i requisiti per l’accesso alla pensione anticipata; ebbene, questa non è una decisione in linea con le indicazioni dell’UE, ed è per questo che l’Italia potrebbe dover ripristinare questo sistema anche per la pensione anticipata.
Insomma, con il Recovery Fund sarà dura la vita dei pensionati di domani: a causa degli oltre 200 miliardi in arrivo da Bruxelles, infatti, l’Italia dovrà accettare di non discostarsi da quanto deciso dalla riforma Fornero, con tutte le conseguenze che ciò comporta.
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