Pensioni, addio Quota 41? Nel Def 2023 il governo Meloni ha scritto che la riforma Fornero ha contribuito “a rafforzare significativamente la sostenibilità del debito pubblico”.
Le pensioni da sempre sono un cavallo di battaglia del centrodestra tanto che, durante l’inedita campagna elettorale estiva, il centrodestra nel suo programma ha messo nero su bianco tutta una serie di importanti - ed esose - promesse.
Matteo Salvini così nel ribadire la piena volontà di superare la riforma Fornero, ha puntato tutto su Quota 41 mentre Silvio Berlusconi più volte ha ribadito di voler aumentare l’importo delle pensioni minime fino a 1.000 euro.
Ora che il centrodestra è al governo dopo la netta vittoria alle elezioni politiche dello scorso settembre, nella prima legge di Bilancio varata dal governo Meloni l’esecutivo sulle pensioni ha avuto pochi margini di manovra visti i pochi soldi in cassa: il grosso della spesa infatti è stato stanziato per confermare gli sconti in bolletta per il primo trimestre del 2023.
Nella manovra così Berlusconi si è dovuto accontentare di un aumento a 600 euro delle pensioni minime per gli over 75, misura che è stata finanziata con un taglio alla rivalutazione degli assegni più corposi.
Salvini invece che anche dopo la vittoria elettorale ha continuato a ribadire come “Quota 41 resta un obiettivo del governo”, sul tema delle pensioni è rimasto con il proverbiale pugno di mosche in mano, con anche il Def 2023 che ha deluso le aspettative di chi ha votato Lega nella speranza di vedere superata la riforma Fornero.
Pensioni: per il governo Meloni sarà impossibile superare la riforma Fornero?
Dopo la delusione della legge di Bilancio, chi in materia di pensioni sperava di avere buone novelle dal Def 2023 è restato di nuovo con l’amaro in bocca: nel documento appena varato dal governo Meloni non c’è traccia della tanto sbandierata Quota 41.
Anzi, quasi a mo’ di beffa, Palazzo Tesoro nel Def ha messo nero su bianco come “è evidente che tutti gli interventi adottati nel tempo, culminati nelle riforme del 2011, con il passaggio finale al sistema contributivo, hanno contribuito a rafforzare significativamente la sostenibilità del debito pubblico”.
Ma come, dopo le durissime critiche all’ex ministro Elsa Fornero il governo ora ha ammesso che la riforma del 2011 è stata utilissima nel tenere sotto controllo il debito pubblico? Dopo i toni roboanti della campagna elettorale, queste parole per Matteo Salvini e Giorgia Meloni assomigliano molto a una sorta di abiura.
Come se non bastasse, sempre nel Def 2023 - che nella sua versione integrale e in pdf può essere consultato tramite il box in calce all’articolo - il governo ha calcolato come una immigrazione netta al +33% ridurrebbe sensibilmente l’aumento del debito pubblico rispetto a una immigrazione netta al -33%.
“Si osserva un impatto particolarmente rilevante, in quanto, data la struttura demografica degli immigrati che entrano in Italia, l’effetto è significativo sulla popolazione residente in età lavorativa e quindi sull’offerta di lavoro - si legge sempre nel Def -. Il rapporto debito/PIL nei due scenari alternativi a fine periodo arriva a variare rispetto allo scenario di riferimento di oltre 30 p.p.”.
In questo scenario, visti i pochi soldi in cassa e con l’Italia che è osservata speciale dall’Europa visti i ritardi nel Pnrr e l’alto debito pubblico, appare molto difficile che il governo possa mantenere fede alle promesse fatte sul tema delle pensioni: al momento l’ipotesi più probabile è quella di una proroga di Quota 103 nella prossima legge di Bilancio mentre, per Quota 41, i tempi non sembrerebbero essere ancora maturi.
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