Per i redditi bassi ci sono diversi strumenti utili per aumentare l’importo della pensione: vediamo quali sono e qual è la misura dell’incremento previsto.
Se la pensione è troppo bassa, ossia quando l’importo è insufficiente per condurre una vita dignitosa, è possibile richiedere un aumento dell’assegno beneficiando di alcuni strumenti a disposizione del pensionato.
Il più importante è sicuramente l’integrazione al minimo della pensione, con il quale l’assegno viene integrato fino al raggiungimento di una certa soglia (variabile ogni anno). La misura dell’integrazione della pensione, però, non è fissa in quanto dipende dal reddito percepito dal pensionato.
Non si tratta dell’unico strumento utile per aumentare l’importo della pensione: tolta la possibilità per il pensionato di far valere eventuali contributi maturati dopo il riconoscimento dell’assegno di pensione (con il supplemento di pensione utile per coloro che hanno ripreso a lavorare), ci sono anche l’incremento al milione e la maggiorazione sociale.
Vediamo nel dettaglio di cosa tratta ognuno di questi strumenti, così da fare chiarezza su quali sono i requisiti che un pensionato deve soddisfare per beneficiare di un aumento dell’importo della pensione.
Integrazione al minimo della pensione
L’integrazione al trattamento minimo (istituito dall’articolo 6 della legge 638/1983) è quello strumento con cui la legge tutela quei pensionati che hanno un reddito, e una pensione, molto bassa da non garantire una vita dignitosa.
Con l’integrazione al trattamento minimo, quindi, lo Stato corrisponde al pensionato un importo tale da far sì che la pensione raggiunga la cifra stabilita che - per l’anno 2019 - è pari a 513,01€.
Tuttavia, per far sì che grazie all’integrazione al minimo la pensione venga innalzata fino al raggiungimento del suddetto importo, è necessario che il pensionato soddisfi determinati requisiti legati al reddito.
Nel dettaglio, se il soggetto interessato non è coniugato, allora il limite di reddito da non superare per avere diritto alla piena integrazione è pari a 6.669,13€. Se invece il reddito supera questa soglia, ma si trova comunque al di sotto dei 13.338,26€ (che equivalgono a due volte l’importo annuo del trattamento minimo) allora si avrà comunque diritto ad una integrazione ma in misura parziale.
In tal caso, per calcolare l’importo dell’integrazione bisogna sottrarre dalla soglia di 13.338,26€ il reddito percepito e poi dividere tutto per tredici mensilità. Prendiamo come esempio un pensionato che ha un reddito annuo di 10.000€ e una pensione pari a 200,00€ mensili. Questo avrà diritto ad un’integrazione parziale di 256,00€, arrivando così ad una pensione di 456,00€ comunque inferiore al trattamento minimo.
Qualora invece il soggetto sia coniugato, allora i limiti di reddito sono i seguenti:
- il reddito individuale non può essere comunque superiore a 13.338,26€;
- il reddito coniugale non deve superare di quattro volte il trattamento minimo annuo. Per il 2019, quindi, deve essere inferiore a 26.676,52€.
Come anticipato, però, l’integrazione al minimo della pensione non è l’unico strumento utile per aumentare l’importo dell’assegno; ce ne sono altri, come ad esempio la maggiorazione sociale.
Maggiorazione sociale pensione 2019
Le maggiorazioni sociali sono riconosciute sull’importo della pensione, indipendentemente dall’integrazione al trattamento minimo, per quei soggetti economicamente svantaggiati che hanno compiuto un’età pari almeno a 60 anni.
Nel dettaglio, l’importo delle maggiorazioni sociali è di 25,83€ al mese per coloro che hanno un’età compresa tra i 60 e i 64 anni; per un’età compresa tra i 65 e 69 anni è di 82,64€, mentre per coloro che superano i 70 anni è di 136,44€ (si scende a 124,44€ se titolari di quattordicesima mensilità).
Per beneficiare dell’integrazione piena il reddito non deve essere superiore ai 6.669,13€ (13.338,26€ nel caso dei coniugati). In ogni caso le maggiorazioni sono concesse in misura tale da non comportare il superamento dei limiti di reddito previsti ai fini della concessione del beneficio; di conseguenza, qualora ciò accadesse l’importo della maggiorazione sarebbe determinato dalla differenza tra l’ammontare del limite di reddito ed il reddito percepito dal richiedente diviso per 13 mensilità.
Incremento al milione della pensione
L’incremento al milione è la maggiorazione sociale che invece spetta ai pensionati con più di 70 anni che hanno un reddito non superiore a 8.443,18€ (se non coniugati) o a 14.259,18€ (se coniugati).
Per averne diritto è necessario che l’importo della pensione percepita sia inferiore al milione delle vecchie lire, che in euro corrispondono a circa 638,00€; per effetto delle rivalutazioni intervenute in questi anni, però, l’importo dell’assegno non deve superare esattamente i 649,65€.
Prima di vedere qual è l’importo, è bene sottolineare che questo, comprensivo dell’eventuale maggiorazione sociale, non può superare l’importo mensile dato dalla differenza che c’è tra i suddetti 649,65€ e l’importo del trattamento minimo o della pensione sociale. Di conseguenza, per chi percepisce una pensione l’importo massimo del trattamento minimo è di 136,64€; per chi invece è titolare di un assegno sociale, questo è di 191,65€.
Pensione di cittadinanza
L’ultima misura che contribuisce ad integrare il reddito da pensione è la cosiddetta pensione di cittadinanza.
È bene sottolineare, però, che questa non va ad integrare l’importo dell’assegno di pensione, bensì l’intero reddito del nucleo familiare.
La pensione di cittadinanza, infatti, spetta a quei nuclei familiari composti esclusivamente da persone con più di 65 anni (indipendentemente dal fatto che questi siano titolari o meno di un trattamento previdenziale) con un ISEE inferiore ai 9.360,00€ (stessa soglia prevista per il reddito di cittadinanza) e un reddito familiare inferiore a 7.560,00€ (elevato a 9.360,00€ qualora il nucleo familiare risieda in abitazione in affitto).
Hanno diritto alla pensione di cittadinanza anche i nuclei familiari composti da un over 65 e da componenti con disabilità grave.
L’integrazione si calcola tenendo conto del reddito familiare, il quale viene sottratto dalla soglia massima (moltiplicata per il parametro di scala di equivalenza) di riferimento. Attenzione però: l’integrazione non viene pagata con l’assegno di pensione, ma viene ricaricata sull’apposita carta RdC rilasciata da Poste Italiane.
Prendiamo come esempio un pensionato solo con reddito di 5.000€: per questo è prevista un’integrazione annua di 2.256€, pari a 188,00€ mensili erogati sulla carta RdC. Nel caso in cui il pensionato vivesse in affitto ci sarebbe un’ulteriore integrazione, pari al costo del canone di locazione per un massimo di 150,00€ mensili.
© RIPRODUZIONE RISERVATA