Riforma delle pensioni: obiettivo Quota 41 per tutti (dal 2022). Intanto non ci sono notizie positive per chi sperava in un cambio della perequazione: il Parlamento ha bloccato le percentuali vigenti.
Le ultime notizie sulle pensioni ci dicono che nel 2020 il Governo potrebbe, in accordo con i sindacati, riflettere su una nuova riforma che renda più flessibile l’accesso alla pensione così da far chiarezza su cosa succederà una volta cessata Quota 100 (in scadenza il 31 dicembre del 2021).
Le fonti interne alla maggioranza ci dicono che già a gennaio ci sarà un nuovo contratto di Governo dove verranno fissati gli obiettivi da attuare fino al termine della legislatura; tra queste dovrebbe esserci anche la riforma delle pensioni, già presente nel contratto di Governo firmato da Lega e Movimento 5 Stelle nella precedente amministrazione. L’obiettivo sarà duplice: da una parte alleggerire i requisiti di accesso alla pensione, specialmente per alcune categorie di lavoratori, dall’altra introdurre una pensione di garanzia per coloro che in pensione ci andranno tra qualche anno e saranno penalizzati sia dal calcolo contributivo che dall’adeguamento dei requisiti pensionistici con le aspettative di vita.
Concentriamoci sul primo obiettivo che probabilmente è il più ambizioso: ossia dare maggiore flessibilità al sistema pensionistico, introducendo regole certe e durature così da fornire ai lavoratori un’opzione in più per il pensionamento.
A tal proposito il Ministro del Lavoro, Nunzia Catalfo, ha dichiarato di voler superare la riforma attuata dalla Fornero nel 2011 e che per questo motivo già il prossimo gennaio convocherà i sindacati per l’avvio di un confronto in merito.
Questi spingeranno principalmente su una misura: l’estensione di Quota 41.
Quota 41, estensione per tutti i lavoratori: si lavora per portare a termine l’obiettivo
Tanto acclamata dal primo Governo Conte, Quota 41 per tutti potrebbe essere anche nel programma della maggioranza Movimento 5 Stelle-Partito Democratico (Italia Viva permettendo, visto che in questi mesi Matteo Renzi non si è mostrato particolarmente favorevole a misure che prevedano una maggiore flessibilità in uscita dal mercato del lavoro).
Sono anni che i lavoratori chiedono che la misura oggi riconosciuta solo ad alcune categorie di precoci (disoccupati, invalidi, caregiver, addetti a mansioni gravose e usuranti) venga estesa ad ogni lavoratore, dal momento che “41 anni di lavoro sono abbastanza per tutti”.
Ricordiamo, infatti, che Quota 41 è quella forma di pensione anticipata che permette ai precoci (ossia a coloro che hanno maturato 12 mesi di contributi prima del compimento dei 19 anni di età) di andare in pensione, indipendentemente dall’età anagrafica, una volta raggiunti 41 anni di contributi.
Un obiettivo raggiungibile con fatica e per questo - secondo quanto sostenuto dai sindacati e dalle associazioni di categoria - la misura dovrebbe essere estesa a tutti i lavoratori così da fornire una strada in più per l’uscita - dopo tanti anni - dal mercato del lavoro.
Il Movimento 5 Stelle non ha mai nascosto di essere favorevole a questa misura, tant’è che in molti ricorderanno i proclami dello scorso anno, quando sulla pagina Facebook dei pentastellati veniva indicata Quota 41 per tutti come obiettivo futuro del Governo (poi caduto con il cambio della maggioranza).
Resta da capire cosa ne penseranno Partito Democratico e Italia Viva e soprattutto quali saranno i costi di questa misura (e se saranno sostenibili). Si lavorerà in questa direzione già dai prossimi mesi, con l’obiettivo di introdurre Quota 41 per tutti a partire dal 2022.
Pensioni, ultime notizie: bloccati gli aumenti degli importi
Intanto nella Legge di Bilancio 2020 non ci sarà l’aumento degli importi pensato attuando un cambiamento dell’attuale sistema di perequazione (ricordiamo che nella giornata di ieri l’Inps ha pubblicato la circolare ufficializzando la percentuale di rivalutazione per il prossimo anno), visto che la maggioranza ha deciso di non modificare ulteriormente le fasce di reddito introdotte nel 2020.
Ricordiamo, infatti, che il testo della manovra finanziaria estende anche a coloro che hanno un importo compreso tra le tre e le quattro volte il trattamento minimo una rivalutazione al 100%; la perequazione, quindi, è piena solo per gli assegni inferiori a 2.000€ circa.
Si pensava che con il passaggio in Parlamento del testo della manovra anche per gli assegni inferiori a cinque volte il trattamento minimo ci potesse essere una rivalutazione piena: era una possibilità, ma alla fine è stato deciso - vista la mancanza di risorse - di non procedere in questa direzione mantenendo per gli assegni compresi tra i 2.000€ e i 2.500€ (circa) una rivalutazione al 77%.
© RIPRODUZIONE RISERVATA