Perché l’euro non è un errore? La risposta in 3 punti

Violetta Silvestri

12 Novembre 2019 - 14:51

Perché l’euro non è un errore? La risposta in 3 punti spiegati da Nielsen

Perché l’euro non è un errore? La risposta in 3 punti

L’euro non è un errore, ma uno strumento necessario per rendere l’Europa più forte e competitiva nei confronti delle sfide in arrivo. A sostenere questa tesi è Erik Nielsen, Global Chief Economist di Unicredit.

Le sue parole sono innanzitutto una risposta alle decise critiche rivolte alla moneta unica dal governatore della banca centrale ungherese. Proprio qualche giorno fa Gyorgy Matolcsy aveva definito l’euro “un sogno dannoso e infruttuoso”, dal quale i Paesi dovrebbero liberarsi.

In un periodo di non facile accettazione delle politiche monetarie della BCE, l’euro si ritrova spesso sotto accusa, alimentando analisi economiche non sempre condivise.

Nielsen ha spiegato in un articolo di Milano Finanza perché, secondo lui, l’euro non è una trappola. Sono almeno 3 i punti chiave per comprendere il ruolo strategico della moneta unica.

Perché l’euro non è un errore secondo Nielsen

Il Global Chief Economist di Unicredit si è rivolto all’Ungheria, Paese UE che non ha ancora adottato l’euro, per spiegare perché l’unione monetaria rappresenta un’opportunità per gli Stati europei.

Oltre a ribadire che l’analisi della banca ungherese è piuttosto lontana dal comune sentire dei cittadini, favorevoli per il 70% all’adozione della valuta unica, Nielsen ha cercato di smontare la drastica conclusione di Gyorgy Matolcsy. Sono 3 i punti essenziali a difesa dell’euro.

1. Unione monetaria e integrazione europea

Se per il governatore della banca centrale ungherese la moneta unica è stata erroneamente considerata una conquista normale per l’unità europea, Nielsen ribadisce proprio il concetto contrario.

L’unione monetaria e l’integrazione economica dovevano necessariamente andare di pari passo.

“Solo per fare un esempio, come si può affermare che l’importantissimo mercato unico funzioni in modo vantaggioso se un membro può violare la parità di condizioni accuratamente costruita modificando il suo tasso di cambio?”

2. Euro e crescita PIL

L’adozione della moneta unica è stata valutata fallimentare dal banchiere ungherese. I dati mostrati da Nielsen, invece, evidenziano trend positivi.

Da quando è stato introdotto, infatti, l’euro ha accompagnato il 90% degli europei aderenti al progetto monetario verso una crescita del PIL pro capite, che è arrivata ad eguagliare il livello statunitense.

Partendo da 20 anni fa, inoltre, si può notare che il divario del Prodotto Interno Lordo tra i Paesi con l’euro non ha superato quello dei singoli Stati USA.

L’esempio più calzante della tendenza alla crescita è dato dalla Slovacchia, che utilizza la moneta unica europea. I dati sul livello di PIL e di stabilità economica del Paese hanno evidenziato risultati di gran lunga più performanti della vicina Repubblica Ceca.

3. Euro e politica monetaria

Le critiche verso la politica monetaria targata BCE sono, secondo Nilesen, poco costruttive considerando le difficoltà di una piccola economia - come quella ungherese - ad operare in modo indipendente in contesto di libertà di movimento dei capitali.

Come sottolinea il Global Chief Economist di Unicredit:

“La loro intera politica monetaria - dell’Ungheria NDR - è influenzata dai tassi bassi in Europa: il tasso ungherese è allo 0,9% con un obiettivo di inflazione al 3%, mentre l’inflazione è al 2,9% e l’aumento e l’inflazione core, esclusi gli effetti fiscali indiretti, sono al 3,7%”.

Una politica completamente staccata dalle decisioni della BCE, quindi, è un’illusione per gli ungheresi. Anche la liquidità della moneta interna, per esempio, dipende dalla conversione di euro generati da esportazioni, investimenti in Europa e fondi dell’Ue.

Entrare nella moneta unica, quindi, significherebbe per Ungheria non solo scoprire che l’euro non è una trappola. Ma sedere al tavolo della BCE ed esprimere il proprio voto per le decisioni strategiche di politica monetaria.

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