La notizia che Imane Khelif sarebbe una donna transgender ha messo in dubbio la sua partecipazione alle Olimpiadi 2024. Ma è una fake news. Ecco perché è giusto che Khelif gareggi tra le donne.
Transfobia, invisibilizzazione delle persone intersex, sessismo e razzismo sono alla base delle discriminazioni e violenze rivolte a Imane Khelif, la pugile algerina che ieri ha affrontato l’atleta italiana Angela Carini, ritiratasi dopo i primi colpi sul ring.
Una decisione, quella dell’atleta italiana, che non ha fatto altro che alimentare le sterili polemiche che in questi giorni si sono abbattute sulle Olimpiadi 2024 di Parigi. Numerosi i giornalisti, ma anche politici come Matteo Salvini o scrittori come J.K. Rowling, che hanno sollevato dubbi sulla lecita partecipazione della pugile algerina poiché “in realtà un uomo”.
Una polemica violenta, che dimostra la totale assenza di educazione sessuale e formazione in Italia. Sì, perché, Imane Khelif è una donna ed è stata vittima di misgendering - l’attribuzione a una persona di un genere in cui non si riconosce.
E se il vicepremier ha contestato la sua presenza sul ring in quanto “donna trans”, si sbaglia. Khelif è donna ed è soggetta a iperandroginismo. Spieghiamo cosa è accaduto alle Olimpiadi e perché Khelif ha il diritto di gareggiare tra le donne. Ecco tutto quello che serve sapere a riguardo.
Chi è Imane Khelif e cos’è l’iperandroginismo
Ambasciatrice Unicef, Imane Khelif è una pugile algerina che ha inseguito il suo sogno di salire sul ring nonostante il parere contrario dei genitori e adesso si trova a competere per la sua seconda olimpiade.
Nata a Tiaret, Algeria, il 2 maggio 1999, Imane è l’esempio della determinazione. Nonostante il «no» dei genitori, Khelif ha iniziato ad allenarsi in una palestra a 10 chilometri da casa, e per pagarsi l’autobus vendeva il metallo raccolto nei rifiuti. Il talento è evidente. Ai suoi primi mondiali nel 2017 si classifica 17esima, ma continua ad allenarsi e a migliorare.
Ha partecipato alle olimpiadi di Tokyo del 2021 perdendo ai quarti di finale e non centrando il podio, una dimostrazione di come sia errata anche la narrazione che la descrive come “imbattibile” rispetto alle altre concorrenti.
In ogni caso, tutto sembra filare liscio fino ai Mondiali 2023 organizzati dall’Iba (International Boxing Associaton), associazione non riconosciuta dal Cio (Comitato Olimpico Internazionale). nei quali è stata squalificata dopo un test di idoneità di genere, che avrebbe riscontrato in lei un “livello eccessivo” di testosterone e la presenza nel Dna il cromosoma XY. Insieme a lei anche la taiwanese Yu-Ting. Da quel momento, Imane Khelif è finita sotto i riflettori per la sua identità di genere. Erroneamente la pugile algerina è stata definita spesso come donna trans ma non è così.
Semplicemente l’atleta, come altre, è soggetta a iperandroginismo, che le causa semplicemente livelli di testosterone più alti del normale.
Perché è giusto che Imane Khelif gareggia tra le donne alle Olimpiadi
Dopo i mondiali del 2023, alla notizia che Imane Khelif avrebbe partecipato alle olimpiadi, sono state numerose le persone che hanno protestato. Lo stesso Matteo Salvini ha commentato la vicenda in quanto sarebbe “ipocrita” far gareggiare delle atlete con “un uomo”. Anche J.K. Rowling, scrittrice di Harry Potter e nota Terf (Femminista radicale trans escludente), ha deciso di dire la sua, criticando il comitato che “ha permesso a un maschio di salire sul ring con lei [Angela Carini]”.
Peccato che Khelif è una donna, e a riprova di ciò gli stessi giornali algerini hanno pubblicato sue foto da bambina per dimostrare la sua identità di genere. Inoltre, Khelif si identifica con il genere assegnatole alla nascita, definirla “un uomo o donna trans” è quindi una violenza. Inoltre, bisogna considerare che in Algeria è vietato intraprendere un percorso di transizione di genere.
In ogni caso, a causa dell’iperandroginismo, in molti hanno sollevato la polemica, sottolineando che le altre atlete sarebbero “svantaggiate” per via di questo dislivello ormonale. Una teoria che sembrerebbe confermata dal ritiro di Angela Carini dopo un primo colpo in viso.
Eppure, anche questa protesta “non regge”. E mentre sono state diffuse false notizie sull’identità di genere di Imane per ignoranza e mancata formazione del corpo giornalistico; si ignora il fatto che il Cio (il Comitato olimpico internazionale) ha monitorato il livello di testosterone prima di ammettere alle gare Imane. Come dichiarato dal portavoce del Comitato, Mark Adams, i controlli hanno accertato che tutti gli atleti e le atlete “rispettano le norme di ammissibilità e di iscrizione alla competizione nonché tutte le norme mediche”, verificando tre mesi prima della gara anche i certificati medici timbrati.
Queste pugili sono del tutto idonee, sono donne sui loro passaporti, sono donne che hanno gareggiato alle Olimpiadi di Tokyo e gareggiano da molti anni, penso che abbiamo tutti la responsabilità di abbassare i toni e non trasformarla in una caccia alle streghe.
A conti fatti il Cio ha constatato che il livello di testosterone di Khelif non ha superato la soglia di 10 nmol/L nei 12 mesi precedenti al torneo e per tutta la durata delle competizioni. Ciò vuol dire che Imane Khelif ha tutto il diritto di gareggiare con le altre atlete alle olimpiadi senza che le sue condizioni di salute vengano manipolate da una destra che vuole alimentare l’odio transfobico e che a giudicare dalle ultime ore ha rischiato di riuscirci.
Eppure, sarebbe bastato poco: informarsi prima di mandare alla gogna mediatica un’atleta e trasformare un incontro sportivo in un incontro politico, che ci dimostra ancora quanto sia lunga la strada da fare verso una vera parità di genere (ovviamente non binaria).
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