Altro che de-risking: la Germania non ha alcuna intenzione di rinunciare al mercato cinese. L’esempio di Volkswagen è emblematico.
Olaf Scholz è appena rientrato in Germania dopo un viaggio in Cina di tre giorni. Il cancelliere tedesco era accompagnato da tre ministri e da un nutrito gruppo di imprenditori. Ha fatto tappa a Chongqing, dove ha visitato una fabbrica di pile a combustibile della multinazionale Bosch, per poi dirigersi a Shanghai e Pechino. Qui ha incontrato il presidente cinese Xi Jinping e il primo ministro Li Qiang, con i quali ha parlato di politica estera, della guerra in Ucraina e delle tensioni tra Iran e Israele.
Attenzione però, perché al netto dei dossier geopolitici la trasferta di Scholz oltre la Muraglia aveva uno scopo prettamente economico. Non è difficile immaginarne il motivo, visto che nel 2023, lungo l’asse Pechino-Berlino, hanno viaggiato beni e servizi per un valore complessivo di 254,1 miliardi di euro. Come se non bastasse, metà del fatturato della chimica e un terzo di quello dell’industria automobilistica teutonica provengono ancora dalla Repubblica Popolare Cinese, per l’ottavo anno consecutivo principale partner commerciale della Germania.
Altro che de-risking: Scholz sembrerebbe esser volato in Cina per ritagliare al suo Paese un maggiore spazio d’azione nel complesso mercato cinese, oltre che per chiarire alcuni nodi spinosi. Su tutti: la concorrenza delle aziende locali. [...]
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