Il prezzo del petrolio può toccare $100 dollari al barile e colpire così economie già fragili. L’allarme per il greggio costoso è alto per alcuni Paesi. In focus c’è anche l’Italia, i motivi.
Il petrolio si dirige verso un terzo guadagno settimanale e la prospettiva del greggio a 100 dollari al barile resta possibile: cosa può accadere con un balzo così elevato del prezzo dell’oro nero?
Ci sono almeno 3 Paesi che possono essere colpiti drammaticamente dal picco, mettendo in crisi economie già fragili e rendendo più cupo lo scenario economico globale.
Il taglio a sorpresa dell’offerta da parte dell’OPEC+ e un calo delle scorte statunitensi stanno dando una forte spinta alle quotazioni di greggio. Da sottolineare che il prezzo del petrolio è salito di circa il 25% da metà marzo, quando è crollato al minimo di 15 mesi sulla scia di una crisi bancaria che ha provocato una fuga dagli asset più rischiosi.
I prezzi stavano già recuperando tra la crescente domanda di carburante cinese e l’indebolimento del dollaro Usa quando l’OPEC+ è intervenuta, amplificando il rimbalzo.
In questo mutato scenario per la materia prima più osservata dai trader, gli analisti affermano che i principali importatori di petrolio soffriranno maggiormente se i prezzi raggiungeranno i $100 al barile, come alcuni hanno previsto. Sono soprattutto 3 i Paesi a rischio instabilità a causa di greggio così costoso, ma forti minacce incombono su diverse aree del mondo. L’Italia stessa può soffrire.
India
Pavel Molchanov, amministratore delegato della banca d’investimento privata Raymond James, non ha dubbi: la mossa OPEC e il conseguente salto dei prezzi è una vera e propria tassa economica per le nazioni importatrici di greggio.
Tra queste c’è l’India, il terzo più grande consumatore di petrolio al mondo. La nazione ha acquistato petrolio russo con un forte sconto da quando sono state imposte sanzioni alla Russia in risposta alla sua invasione dell’Ucraina.
Secondo i dati del governo, le importazioni di greggio da parte dell’India sono aumentate dell′8,5% a febbraio rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso.
“Sebbene stiano ancora approfittando del gas russo scontato, stanno già soffrendo per gli alti prezzi del carbone e del gas”, ha detto il direttore di Eurasia Group, Henning Gloystein. “Se il petrolio sale ulteriormente, anche il greggio russo scontato inizierà a danneggiare la crescita dell’India”, ha aggiunto.
Giappone
Il petrolio è la fonte energetica più importante in Giappone e rappresenta circa il 40% del suo approvvigionamento totale.
“Non avendo una produzione interna degna di nota, il Giappone è fortemente dipendente dalle importazioni di petrolio greggio, che tra l′80% e il 90% proviene dalla regione del Medio Oriente”, ha affermato l’Agenzia internazionale per l’energia.
Corea del Sud
Per la Corea del Sud, il petrolio costituisce la maggior parte del suo fabbisogno energetico, secondo la società di ricerca indipendente Enerdata.
Il Paese dipende per oltre il 75% dal petrolio importato e quindi risulta particolarmente esposto a un balzo dei prezzi. Inoltre, il suo sistema economico è fondato sull’industria pesante e ha quindi bisogno di una grande quantità di materia prima.
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Europa, Cina e Paesi emergenti: tutti a rischio con il balzo del greggio
Anche Europa e Cina sono “altamente esposte” al prezzo del petrolio sui $100 al barile, secondo gli strateghi.
Da sottolineare, però, che l’esposizione del dragone è meno incisiva grazie alla produzione interna di petrolio, mentre l’Europa nel suo complesso fa affidamento principalmente sul nucleare, sul carbone e sul gas naturale piuttosto che sui combustibili fossili nel mix energetico primario.
Attenzione, però, a sottovalutare l’impennata dei prezzi e una possibile carenza di offerta. La stessa Italia, per esempio, dipende per il 75% circa da greggio importato e potrebbe subire un contraccolpo.
Pavel Molchanov ha evidenziato che non sono gli Stati Uniti che soffrirebbero di più per il petrolio da 100 dollari, sarebbero invece i Paesi che non hanno risorse petrolifere interne: Giappone, India, Germania, Francia... per citare alcuni dei grandi esempi.
“I più esposti sono le industrie dei mercati emergenti dipendenti dalle importazioni, specialmente nel Sud e nel Sud-est asiatico, così come le industrie pesanti dipendenti dalle super-importazioni del Giappone e della Corea del Sud”, ha ricordato Gloystein.
Alcuni mercati emergenti che non hanno la capacità di valuta estera per supportare queste importazioni di carburante saranno influenzati negativamente dal prezzo di $100, ha spiegato Molchanov. Ha nominato Argentina, Turchia, Sud Africa e Pakistan come potenziali economie che saranno colpite.
Anche lo Sri Lanka, che non produce petrolio a livello nazionale ed è dipendente al 100% dalle importazioni, è molto suscettibile a un colpo più duro.
“I Paesi con il minor numero di valute estere e che sono importatori soffriranno di più perché il prezzo del petrolio è in dollari Usa”, ha ricordato infine la fondatrice di Energy Aspects, Amrita Sen, che ha aggiunto che il costo delle importazioni aumenterà ulteriormente se il biglietto verde si apprezza.
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