In questo inizio di 2021, il comparto energetico e quello dei semiconduttori condividono la solidità dei fondamentali: ad una domanda in decisa ripresa fa da contraltare un’offerta insufficiente. Come puntare su questi due settori con un Certificato di investimento.
Uno dei trend dominanti di questa prima parte di 2021 è rappresentato dalla ripresa dei prezzi del petrolio. Di poco sotto i 65 dollari il barile, il future con consegna aprile sul Brent nelle ultime cinque sedute segna un rialzo del 5,7% mentre il saldo mensile registra un incremento del 18%.
In un contesto già di per se caratterizzato da un enorme mole di stimoli fiscali e monetari, a spingere le quotazioni del petrolio è l’andamento dei fondamentali: a fronte di una domanda che con l’arrivo dei vaccini si prepara a tornare verso una “nuova normalità”, l’offerta si conferma sui livelli più adatti al picco dell’emergenza sanitaria.
Ad inizio anno l’Arabia Saudita ha annunciato ulteriori tagli per 1 milione di barili giornalieri: questa misura, che si somma alle riduzioni dell’output già annunciate dall’Opec+, consentiranno che il processo di riduzione degli stock a livello globale prosegua anche nel primo semestre del 2021.
Secondo i numeri diffusi dall’Agenzia internazionale dell’energia, a fine dicembre 2020 le scorte globali erano di oltre 138 milioni di barili maggiori rispetto alla media quinquennale e l’Opec+ stima che torneranno sotto questo livello, cruciale per il mercato di questa commodity, entro il mese di giugno 2021.
Il secondo grande fattore dietro il recente rally del petrolio è rappresentato dal ritorno della domanda: gli analisti stimano che nel 2021 le richieste di greggio cresceranno di 6,5 milioni di barili giornalieri, contro i -10 milioni registrati nel 2020, e che nel 2022 torneremo ai livelli pre-pandemia.
Tutti vogliono i semiconduttori, l’offerta resta indietro
Secondo i calcoli condotti dalla società di consulenza AlixPartners, il fatturato delle case automobilistiche nel corso del 2021 è stimato in riduzione di oltre 60 miliardi di dollari, e si tratta di una stima cautelativa, a causa dell’incapacità dell’industria dei semiconduttori di star dietro alle richieste.
L’incremento esponenziale della tecnologia all’interno delle nostre vetture ha permesso ai semiconduttori di diventare un componente essenziale per l’intera filiera: basti pensare che dai sistemi di sicurezza, passando per le parti meccaniche fino ad arrivare ai sistemi di intrattenimento non c’è parte delle nostre auto che non incorpori semiconduttori.
Preso atto della mancanza di chip, le statunitensi GM e Ford stimano rispettivamente minori utili per 1,5-2 e per 1-2,5 miliardi di dollari. Per la stessa ragione, Honda e Nissan si attendono minori vendite per 250 mila auto.
Per evitare blocchi alla produzione, GM e Ford hanno annunciato piani per stoccare veicoli semi-assemblati in attesa che i tanti preziosi chip tornino disponibili.
Anche se big globali del calibro della Taiwan Semiconductor Manufacturing e la United Microelectronics hanno annunciato piani per incrementare la capacità produttiva, i consulenti di IHS stimano che nel breve termine ci sia poco da fare.
Perché il mercato è a corto di chip?
Per rispondere alla domanda di come siamo arrivati a questa insufficienza di semiconduttori, bisogna tenere presente che per produrre i chip sono necessari 3-4 mesi (che diventano 6 per i prodotti di ultima generazione).
Questa situazione si è originata all’inizio dello scorso anno, quando il Covid ha portato alla chiusura degli impianti di assemblaggio dei veicoli. Questo ha provocato un “dirottamento” delle forniture di chip verso settori come quello dell’elettronica di consumo che, anche nei momenti peggiori, hanno sofferto meno della pandemia a causa dell’incremento del lavoro da casa e del fatto che le persone hanno intensificato l’acquisto di prodotti elettronici (mentre la sostituzione dell’auto è stata rimandata).
Con il progressivo allentamento delle restrizioni, mixato con la volontà delle persone di riappropriarsi di una dose di normalità, le richieste di auto sono ripartite prima delle previsioni e le forniture di chip non sono riuscite a star dietro a questo fenomeno.
Secondo le stime della Semiconductor Industry Association, dopo il +5,1% dell’anno scorso, le vendite globali cresceranno dell’8,4% nel 2021.
Come rilevato da Willy Shih, professore di management presso la Harvard Business School, “Apple nei primi tre mesi dell’anno venderà un numero di iPhone maggiore delle vendite che tutti i produttori di auto realizzeranno nell’intero anno. Se voi foste un produttore di semiconduttori, quale sarebbe il vostro cliente più importante?”.
Investimenti: un certificato per investire su petrolio e chip
Per puntare su questi due comparti BNP Paribas mette a disposizione degli investitori un Certificato Memory Cash Collect su due big quotati a Piazza Affari: Eni ed STMicroelectronics.
In particolare stiamo parlando del Memory Cash Collect con ISIN NLBNPIT118Z2 recentemente emesso da BNP Paribas.
Si tratta di un prodotto che consente di ottenere premi del 3,3% anche nel caso di andamento negativo delle azioni sottostanti: l’investitore incasserà il provento nel caso in cui il valore delle azioni Eni ed STMicroelectronics nelle date di valutazione trimestrali risulterà superiore o pari ai rispettivi livelli barriera, posti al 70% del valore iniziale.
Con valori iniziali fissati rispettivamente a 8,8 ed a 34,4 euro, i livelli barriera di Eni ed STMicroelectronics risultano pari a 6,16 e 24,08 euro.
Come evidente dal nome del prodotto, è presente un Effetto Memoria. Tramite questo meccanismo l’investitore riceverà i premi precedentemente non ricevuti nel caso in cui ad una data di valutazione risultino soddisfatte le condizioni per ricevere il premio.
Inoltre, a partire dal sesto mese di vita del Certificate, e quindi dalla data di valutazione fissata per il 27 luglio 2021, il prodotto scadrà anticipatamente corrispondendo all’investitore il valore nominale (100 euro) nel caso in cui il valore dei due titoli sottostanti risulterà superiore o pari al valore iniziale.
A scadenza, fissata per il 29 gennaio 2024, sono due gli scenari possibili per gli investitori:
- se il valore dei sottostanti risulterà pari o superiore al livello barriera, il Certificate rimborserà il valore nominale più il premio trimestrale e gli eventuali premi non pagati precedentemente (c.d. Effetto Memoria);
- se il valore di almeno una delle azioni sottostanti sarà inferiore al livello barriera, il Certificate pagherà un importo commisurato alla performance del titolo peggiore (con conseguente perdita sul capitale investito).
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