Dopo gli attacchi di ieri a una petroliera nel Mar Rosso, i prezzi del petrolio sono tornati a salire. Per Nitesh Shah, Director, Research di WisdomTree , le continue tensioni geopolitiche potranno favorire le quotazioni dell’oro nero
Nel corso della nottata di ieri, 11 ottobre 2019, le quotazioni del petrolio si sono impennate (il future del petrolio WTI ha segnato il suo massimo mensile a 54,87 dollari al barile) a causa dell’attacco di due missili a una petroliera della repubblica islamica che navigava nelle acque del Mar Rosso (per approfondire).
Petrolio vittima delle tensioni geopolitiche
Non è la prima volta che i prezzi dell’oro nero sono sotto i riflettori a causa delle tensioni geopolitiche. Lo scorso 14 settembre infatti, un attacco drone ha colpito lo stabilimento del colosso saudita Saudi Aramco, eliminando dal mercato 5,7 milioni di barili.
L’attentato, rivendicato dagli Houthi yemeniti e attribuito all’Iran da Arabia Saudita, Francia, Germania, Usa e UK, ha fatto schizzare i prezzi della materia prima di oltre il 15%.
Le quotazioni del greggio hanno poi iniziato un percorso discendente, favorito dalla veloce ripresa della produzione da parte dell’Arabia Saudita.
Anche se gli attacchi di ieri non hanno creato uno shock dal punto di vista dell’offerta di oro nero, è evidente che le incursioni non siano isolate. Durante gli scorsi mesi di giugno, si sono verificati diversi attentati a navi transitanti nello Stretto di Hormuz.
Nitesh Shah, Director, Research di WisdomTree sostiene che la tensione nella regione non stia diminuendo, e che la recente discesa del prezzo del petrolio sia stata causata dalle diminuzioni delle previsioni sulla domanda.
Per l’esperto, “le revisioni su più piccola scala della domanda potrebbero svanire rispetto al rischio di grandi interruzioni dell’offerta se dovessimo continuare ad assistere ad escalation di tensioni nella regione”.
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