Poste Italiane, via all’offerta di azioni: la data, la quota in vendita, il lotto minimo e lo sconto di Stato

Laura Naka Antonelli

10 Ottobre 2024 - 12:38

Le stime sull’incasso dell’OPV di Poste Italiane. Il governo Meloni dà la priorità al retail. Il trend del titolo a Piazza Affari.

Poste Italiane, via all’offerta di azioni: la data, la quota in vendita, il lotto minimo e lo sconto di Stato

Countdown all’offerta pubblica di vendita (OPV) di Poste Italiane, con cui il MEF maggiore azionista del gruppo collocherà una parte del pacchetto azionario in suo possesso, in linea con il piano di privatizzazioni annunciato in ottica anti-debito dal governo Meloni.

Le indiscrezioni stampa hanno individuato la data di partenza dell’operazione, con cui il Tesoro dovrebbe offrire una quota pari al 13,5%, per un controvalore di 2,2 miliardi di euro: il grande giorno sarebbe stato fissato a lunedì 21 ottobre. L’OPV dovrebbe poi andare avanti fino venerdì 25 ottobre.

Sull’attenti sono scattati già da un po’ di settimane i piccoli risparmiatori: tra le caratteristiche più di rilievo dell’offerta di azioni Poste Italiane da parte del MEF c’è infatti proprio la priorità data agli investitori retail, che avranno dunque modo di fare shopping dei titoli insieme agli investitori istituzionali e ai dipendenti.

Oggi il titolo segna un rialzo di mezzo punto percentuale circa, salendo a 12,70 euro sull’indice Ftse Mib.

Poste Italiane, OPV al via: rumor su lotto minimo e sconto (non per tutti)

Le domande che in queste ore si stanno ponendo i potenziali interessati, tra i cittadini italiani, così come la platea degli investitori istituzionali, sono diverse: tra queste, c’è quella sulla dimensione del lotto minimo e su quella sorta di sconto di Stato di cui si parla da settimane.

Il Messaggero ha riportato oggi altri rumor scrivendo che, nel bel mezzo dei lavori che il Tesoro sta portando avanti con le banche scelte come global coordinator per l’OPV, sta emergendo “la convergenza di indicare il lotto minimo in 250 pezzi”.

Non è detta tuttavia l’ultima parola, in quanto sulla questione il MEF si starebbe ancora confrontando con le banche e con Poste.

Dall’articolo del quotidiano romano è emerso inoltre che l’ipotesi di quel famoso sconto valutata secondo i rumor dal governo per cercare di rendere più appetibile agli occhi dei retail l’acquisto delle azioni potrebbe essere alla fine concessa soltanto ai dipendenti del gruppo:

circa 120.000, a cui potrebbe essere data anche la possibilità di fare shopping utilizzando il TFR.

Tra le altre caratteristiche dell’OPV di Poste, ci sarebbe quella di essere digitale, che permetterebbe agli interessati di partecipare all’operazione attraverso l’Internet banking.

Seconda offerta pubblica dopo Ipo 2015, in linea con privatizzazione anti-debito

Quella che partirà molto probabilmente lunedì 21 ottobre 2024, va ricordato, sarà la seconda offerta pubblica di vendita di azioni Poste Italiane, dall’IPO del 27 ottobre 2015, che venne lanciata ai tempi del governo Renzi.

Fu quello il giorno in cui la società fece il suo debutto ufficiale a Piazza Affari, sbarcando in Borsa attraverso un’offerta di azioni, da parte del Tesoro, che permisse alle casse dello Stato di vedere arrivare, in fase di collocamento, introiti per un valore di 3,4 miliardi di euro.

In data 23 ottobre 2015, con un comunicato stampa congiunto, Poste Italiane e il Mef annunciavano che l’offerta globale di vendita delle azioni ordinarie dell’azienda, finalizzata alla quotazione sull’MTA di Borsa Italiana, aveva avuto per oggetto un quantitativo massimo di 453 milioni di azioni ordinarie, pari al 34,7% del capitale sociale del gruppo.

A fronte di un prezzo dell’offerta fissato a 6,75 euro per azione, erano state inoltrate richieste aventi oggetto 1.521 milioni di azioni, di cui il 25% dal pubblico indistinto e dai dipendenti dei gruppo e il 75% da parte degli investitori istituzionali.

La domanda di azioni da parte dei retail - dipendenti e piccoli risparmiatori - aveva avuto per oggetto 387 milioni di azioni, confermandosi pari a circa 2,85 volte il quantitativo minimo a essi destinato (il 30% dell’offerta globale di vendita).

Considerando anche le richieste degli investitori istituzionali, a cui era stata offerta la fetta maggiore delle azioni (il 75%), la domanda complessiva, pari per l’appunto a 1.521 milioni di azioni, era risultata pari a 3,35 volte circa il quantitativo offerto dal Tesoro, e a circa 3,1 volte includendo anche le azioni oggetto dell’opzione greenshoe.

Le risorse ottenute dalla valorizzazione vanno ad abbattimento del debito pubblico e contribuiscono al processo virtuoso di diminuzione del rapporto debito/PIL”, aveva commentato l’allora ministro dell’Economia e delle Finanze Pier Carlo Padon, giudicando “molto positivo” l’esito dell’operazione, e parlando di un successo confermato dalle stesse cifre, visto che la domanda era stata pari a più di tre volte l’offerta.

Con il governo Meloni, scatta ora il secondo atto della privatizzazione dell’azienda, a sei anni di distanza.

Il fine ultimo è sempre quello: far confluire nuove entrate nelle casse dello Stato italiano.

Poste Italiane non è certo l’unica pedina dell’ambizioso obiettivo di Meloni & Co: il piano di privatizzazioni ruota anche attorno ad altri nomi illustri di Piazza Affari, come Eni e Mps-Monte dei Paschi di Siena-Monte dei Paschi di Siena, ancora Monte di Stato.

Il MEF ha finora ceduto il 2,8% del capitale di ENI attraverso operazioni di accelerated bookbuilding, incassando 1,4 miliardi, e ha smobilizzato per due volte pacchetti azionari in suo possesso di MPS, per un ammontare complessivo di 1,5 miliardi di euro, tra la fine del 2023 e il marzo di questo anno.

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