Il prezzo del petrolio scende ancora negli scambi di stamattina. La domanda di Cina e Usa preoccupa e le quotazioni restano intrappolate nella previsione di deboli consumi.
Il prezzo del petrolio è in ribasso oggi, a causa dei timori di una domanda sempre più debole nelle due potenze economiche Cina e Stati Uniti.
Le quotazioni Brent e WTI erano aumentate di quasi il 2% venerdì scorso, quando l’Iraq ha espresso sostegno ai tagli al petrolio da parte dell’OPEC+, ma hanno poi perso circa il 4% durante la settimana, registrando la terza settimana consecutiva di perdite come non accadeva da maggio.
L’offerta non è stata intaccata finora dagli eventi geopolitici. La fornitura di greggio dal Medio Oriente – la fonte di circa un terzo del greggio mondiale – è rimasta la stessa dal conflitto tra Israele e Hamas, mentre le spedizioni dalla Russia e dagli Stati Uniti sono in aumento.
Alle ore 8.30 circa di stamattina, 13 novembre, i futures sul Brent scambiano a 80,77 dollari al barile con un calo dello 0,81% e il WTI oscilla sui 76 dollari al barile, a -0,91%.
Prezzo del petrolio scende ancora, la domanda è debole in Cina e Usa
L’incertezza sui consumi delle due grandi potenze mondiali, Cina e Usa, è il principale driver del prezzo del petrolio. Scongiurato, al momento, l’allargamento del conflitto in Medio Oriente che aprirebbe scenari allarmanti per le quotazioni di greggio (con previsioni fino a 157 dollari al barile), l’attenzione è tutta sulla domanda di combustibile.
La scorsa settimana la US Energy Information Administration (EIA) ha dichiarato che la produzione di petrolio greggio negli Stati Uniti quest’anno aumenterà leggermente meno di quanto previsto in precedenza, mentre la domanda diminuirà.
L’anno prossimo, il consumo pro capite di benzina negli Stati Uniti potrebbe scendere al livello più basso degli ultimi due decenni.
Anche i deboli dati economici della Cina, il più grande importatore di petrolio greggio al mondo, hanno aumentato i timori di un calo della domanda di petrolio. Il dragone è in deflazione, a testimonianza di consumi ancora bassi che non stanno stimolando la ripresa come ci si aspettava.
Inoltre, le raffinerie cinesi hanno chiesto una minore fornitura all’Arabia Saudita, il maggiore esportatore mondiale, per dicembre.
Cosa aspettarsi sull’offerta di petrolio
Sul lato dell’offerta, Arabia Saudita e Russia hanno confermato la scorsa settimana che continueranno con i loro ulteriori tagli volontari alla produzione di petrolio fino alla fine dell’anno, proprio perché le preoccupazioni sulla domanda e sulla crescita economica continuano a trascinare al ribasso il prezzo.
Intanto, le aziende energetiche statunitensi hanno ridotto il numero di piattaforme petrolifere operative per la seconda settimana consecutiva al livello più basso da gennaio 2022, ha affermato la società di servizi energetici Baker Hughes (BKR.O).
Da segnalare, infine, che il ministro del Petrolio iracheno Hayyan Abdul Ghani è in visita nella regione del Kurdistan per discutere della ripresa delle esportazioni via Ceyhan in Turchia. L’oleodotto è fermo da marzo a causa di una disputa tra Turchia e Iraq ed è stato danneggiato anche da un terremoto.
La produzione di greggio, in questo caso, potrebbe aumentare e questo è stato uno dei fattori che hanno portato Goldman Sachs Group Inc. a tagliare le previsioni sul prezzo medio del Brent per il prossimo anno a 92 dollari al barile.
La banca rimane ancora ottimista sulla domanda, prevedendo una crescita di 2,5 milioni di barili al giorno nel 2023 e di 1,6 milioni di barili al giorno nel 2024.
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