Prezzo del petrolio in rialzo del 6% in una settimana: cosa è successo e perché il greggio si è impennato? Tutti i fattori da considerare, dalla guerra in Mar Rosso ai dati di Cina e Usa.
Il prezzo del petrolio torna a impennarsi, in un mix di eventi e prospettive economiche che lasciano gli investitori nella materia prima e i politici - attenti ai costi del carburante - in un clima di massima allerta.
Le quotazioni Brent e WTI continuano a oscillare in questo inizio anno e per la seconda settimana consecutiva hanno registrato un rialzo e si sono attestate sui massimi in quasi due mesi nella giornata di scambi di venerdì 26 gennaio.
La crescita economica positiva negli Stati Uniti e i segnali di stimolo cinese hanno alimentato le aspettative della domanda, mentre le preoccupazioni sull’offerta in Medio Oriente hanno aggiunto supporto. Cosa aspettarsi sul prezzo del petrolio? Tutti i fattori da tenere sotto controllo.
Effetto guerra Mar Rosso sul prezzo del petrolio
I futures sul Brent e sul WTI hanno registrato guadagni settimanali superiori al 6%, segnando il più grande aumento in 7 giorni dalla settimana terminata il 13 ottobre, dopo l’inizio del conflitto Israele-Hamas a Gaza.
L’avanzata del greggio è stata sostenuta dalle elevate tensioni in Medio Oriente e nel Mar Rosso, con gli Stati Uniti che hanno colpito i ribelli Houthi appoggiati dall’Iran nello Yemen per costringerli a fermare gli attacchi alle navi commerciali.
L’ultima notizia riguarda una petroliera operante per conto di Trafigura colpita da un missile venerdì 26 gennaio dopo aver transitato nel Mar Rosso. La Marlin Luanda, una nave cisterna per prodotti petroliferi, è stata attaccata da missili nel Golfo di Aden. I militanti Houthi hanno rivendicato l’attacco, descrivendo l’imbarcazione come una “nave petrolifera britannica”. Trafigura ha riferito che la nave batte bandiera delle Isole Marshall. Navi della marina americana hanno sparato su un missile antinave Houthi nello Yemen poche ore dopo.
Molte delle principali compagnie petrolifere del mondo hanno sospeso il traffico verso il Mar Rosso in questo contesto di guerra sempre più preoccupante. Finora i futures sul petrolio non sono sembrati particolarmente scossi dall’escalation delle tensioni in Medio Oriente, perché non si è verificata una grave interruzione dell’offerta. Gli analisti hanno avvertito però che uno scontro diretto tra Stati Uniti e Iran potrebbe far salire i prezzi in modo significativo.
Robert Thummel, portfolio manager di Tortoise Capital, ha dichiarato alla CNBC che il mercato non sta scontando abbastanza rischio geopolitico nei prezzi del greggio.
Le preoccupazioni sull’offerta sono evidenti nella struttura dei futures Brent. Il premio del contratto dal primo al sesto mese sia sul Brent che sul WTI è salito ai massimi da novembre, indicando la percezione di una fornitura più ristretta.
Anche una potenziale interruzione dell’offerta di carburante a causa di un attacco di droni ucraini contro una raffineria di petrolio orientata all’esportazione nel sud della Russia ha sostenuto i prezzi.
Quanto contano Cina e Usa per il prezzo del greggio?
Non c’è solo l’offerta di greggio sotto i riflettori degli analisti. Dal lato della domanda, gli Stati Uniti, il più grande consumatore di petrolio al mondo, hanno registrato una crescita economica più rapida del previsto nel quarto trimestre, come hanno mostrato i dati di giovedì.
Questa settimana inoltre il sentiment è stato sostenuto anche dalle ultime misure adottate dalla Cina per rilanciare la crescita. Senza dubbio un clima economico favorevole negli Usa e nel dragone spinge i prezzo del greggio, poiché alimenta prospettive di una domanda in rialzo in un contesto di offerta fragile.
Un mix di fattori ha in sintesi infiammato le quotazioni di greggio in una sola settimana, come spiegato dall’analisi dell’esperto Tim Evans su Reuters: lo stimolo economico proveniente dalla Cina, la crescita del Pil statunitense nel quarto trimestre più forte del previsto, il raffreddamento dei dati sull’inflazione statunitense, i rischi geopolitici in corso e il calo maggiore del previsto di 9,2 milioni di barili delle scorte di greggio commerciale degli Stati Uniti durante la scorsa settimana si sono tutti combinati per spingere i prezzi più in alto.
© RIPRODUZIONE RISERVATA