Prezzo petrolio crolla, l’effetto guerra Medio Oriente è già finito? Cosa aspettarsi

Violetta Silvestri

25/10/2023

Tonfo del prezzo del petrolio: la guerra in Medio Oriente non spinge più il greggio? Cosa aspettarsi e quali altri fattori considerare, dalla Cina alla recessione europea.

Prezzo petrolio crolla, l’effetto guerra Medio Oriente è già finito? Cosa aspettarsi

Il prezzo del petrolio è decisamente diminuito, allontanandosi dal rally di qualche settimana fa.

La guerra Israele-Hamas, con il potenziale - ma non effettivo finora - allargamento del conflitto in Medio Oriente e in Iran, non sembra produrre un impatto così dirompente e duraturo sulle quotazioni di greggio.

Al momento in cui si scrive, i futures sul Brent scambiano a 87,97 dollari al barile, con un calo dello 0,11% e il WTI registra 83,62 dollari al barile, a -0,12%.

Il greggio ha registrato un picco nelle fasi iniziali della guerra a causa delle preoccupazioni che il conflitto potesse intensificarsi, minacciando potenzialmente le esportazioni dall’Iran e portando ad attacchi alle petroliere nelle principali rotte marittime. Tali timori si sono attenuati nelle ultime sessioni, con crescenti appelli all’interno di Israele a riconsiderare la portata di un’invasione di terra di Gaza.

Il rischio escalation rimane comunque elevato e l’incertezza sulle prossime mosse di entrambe le parte in guerra domina il contesto. Tuttavia, nelle previsioni sul prezzo del petrolio stanno subentrando altri elementi chiave: dalla recessione in Eurozona alla domanda cinese, cosa aspettarsi sul greggio?

Il prezzo del petrolio scende: cosa c’entra la guerra in Israele

Il petrolio è caduto per il quarto giorno sulla scia dei segnali che la guerra tra Israele e Hamas resterà contenuta, almeno per il momento.

Nel dettaglio, i timori per il rallentamento della domanda europea hanno controbilanciato le preoccupazioni per le interruzioni delle forniture in Medio Oriente derivanti dal conflitto tra Israele e Hamas a Gaza.

Proprio questo ultimo tema rimane centrale nelle oscillazioni del greggio. Il Brent, punto di riferimento globale, è sceso sotto gli 88 dollari al barile e ha cancellato circa la metà dei suoi guadagni dall’attacco di Hamas del 7 ottobre, mentre il West Texas Intermediate è stato scambiato vicino agli 83 dollari.

La prudenza sembra dominare il contesto internazionale, timoroso di una escalation senza precedenti. Gli Stati Uniti e l’Arabia Saudita hanno concordato di perseguire sforzi diplomatici per mantenere la stabilità in tutto il Medio Oriente, ha riferito martedì 24 ottobre la Casa Bianca, contribuendo ad alleviare i timori di gravi perturbazioni nel mercato petrolifero.

I Paesi vicini e le potenze, inoltre, stanno spingendo per una pausa o un cessate il fuoco nei combattimenti tra Israele e Hamas nella Striscia di Gaza, in modo che gli aiuti umanitari possano essere consegnati ai civili palestinesi assediati.

La serie di ribassi del petrolio “potrebbe riflettere il freno a un’invasione di terra a Gaza”, ha affermato Vishnu Varathan, capo dell’economia e della strategia per l’Asia presso Mizuho Bank Ltd. Tuttavia, “i rischi reali di un conflitto più incontrollato si rifletterebbero in un batter d’occhio” - anche sul prezzo del petrolio - se l’Iran, il Libano o altri Paesi venissero coinvolti.

Cosa aspettarsi sul prezzo del petrolio? Gli altri fattori chiave

Lontano dal Medio Oriente, ci sono altri eventi da monitorare poiché potenzialmente in grado di impattare sul prezzo del petrolio.

Il presidente Xi Jinping ha intensificato il sostegno all’economia cinese, emettendo ulteriori titoli di Stato e aumentando il deficit di bilancio. Le mosse stanno stimolando l’ottimismo nei mercati finanziari più ampi e potrebbero sostenere la domanda - e quindi i prezzi - nel più grande importatore di greggio al mondo.

Tuttavia, proprio la domanda di petrolio in Cina potrebbe essere ridotta poiché Pechino ha fissato un tetto per la sua capacità di raffinazione del petrolio a 1 miliardo di tonnellate entro il 2025, per razionalizzare il suo vasto settore di lavorazione del petrolio e frenare le emissioni di carbonio.

Le preoccupazioni per le interruzioni delle forniture in Medio Oriente dovute al conflitto tra Israele e Hamas non sono riuscite a sostenere prezzi del petrolio anche perché sono emersi nuovi timori di un calo della domanda in Europa. I dati recenti indicano una diminuzione a sorpresa dell’attività commerciale dell’Eurozona, suggerendo una possibile recessione nel blocco.

“Il ritiro del petrolio ha coinciso con i PMI europei deboli, suggerendo almeno un certo indebolimento dal lato della domanda, piuttosto che essere interamente attribuibile all’attenuazione delle minacce di interruzione dell’offerta legate alla guerra”, ha affermato Vishnu Varathan, responsabile economico e strategico della Mizuho Bank.

Da considerare, poi, che i dati economici statunitensi hanno mostrato resilienza, spingendo al rialzo il dollaro e rendendo il petrolio denominato in dollari più costoso. La forza dell’economia statunitense è netta se paragonata a quella del Regno Unito e dell’Eurozona, le cui attività commerciali si stanno contraendo, esercitando ulteriori pressioni sui prezzi del petrolio.

In sintesi, secondo gli strateghi di Fxempire, considerati i dati economici prevalenti e il contesto geopolitico, il sentiment del mercato a breve termine per il petrolio sembra essere ribassista. Mentre le scorte statunitensi e gli stimoli cinesi potrebbero offrire un certo sostegno, gli indicatori economici provenienti dall’Europa e il conflitto in Medio Oriente ora circoscritto probabilmente manterranno i prezzi bassi.

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