Il prezzo del petrolio apre la settimana in evidente calo, con una perdita dell’1% sulle due principali quotazioni. Ci sono diversi motivi alla base di questa diminuzione. In primis, la Cina.
Il petrolio apre la settimana con un calo dovuto alla crescente speculazione sull’indebolimento della domanda globale e alla valutazione dell’ambizioso piano guidato dagli Stati Uniti per cercare di limitare il prezzo del greggio russo.
Le prospettive dei consumi di carburante a livello mondiale sono oscurate dalle restrizioni Covid in Cina e da potenziali ulteriori rialzi dei tassi di interesse negli Stati Uniti e in Europa.
Il greggio è sceso di quasi un terzo da giugno, perdendo tutti i guadagni dall’invasione russa dell’Ucraina. L’inversione è avvenuta quando le banche centrali, inclusa la Federal Reserve, hanno inasprito la politica per reprimere l’inflazione.
C’è poi il piano di price cap degli Stati Uniti, sostenuto dal G7, che ha lo scopo di ridurre le entrate di Mosca dalle vendite di petrolio, comprimendo il flusso di fondi utilizzati per finanziare il conflitto.
La settimana si apre, quindi, con perdite di oltre l’1% per i future WTI e Brent: cosa sta accadendo al mercato petrolifero?
Il petrolio perde slancio: prezzi giù, i motivi
Alle ore 8.26 circa, la quotazione WTI scambia a 85,73 dollari al barile, con un calo dell’1,22% e i future sul Brent prezzano 91,94 dollari al barile, perdendo lo 0,97% dopo aver ceduto anche oltre l’1%.
Innanzitutto si osserva che i guadagni derivanti da un taglio nominale dell’offerta da parte dell’Organizzazione dei paesi esportatori di petrolio (OPEC) e degli alleati tra cui la Russia sono stati compensati dai blocchi in corso in Cina dovuti ancora alla pandemia, il principale importatore mondiale di greggio.
La domanda di petrolio del dragone potrebbe contrarsi per la prima volta in due decenni quest’anno, poiché la politica zero-Covid di Pechino costringe le persone a restare in casa durante le vacanze, riducendone il consumo di carburante.
“La persistente presenza di venti contrari con le rinnovate restrizioni sul virus della Cina e l’ulteriore moderazione delle attività economiche globali potrebbe ancora suscitare alcune riserve su un rialzo più sostenuto”, ha affermato Jun Rong Yeap, market strategist di IG. Gli aspetti negativi complessivi sembrano superare quelli positivi secondo l’esperto, aggiungendo che potrebbero essere in vista la soglia di $85 per i prezzi del greggio Brent.
“Ora sembra che la potenziale debolezza della domanda sia al centro della scena, in termini di timori di recessione e restrizioni prolungate in Cina”, ha dichiarato Sean Lim, analista di petrolio e gas con sede in Malesia presso RHB Investment Bank Bhd.
Nel frattempo, la Banca centrale europea e la Federal Reserve sono pronte ad aumentare ulteriormente i tassi di interesse per contrastare l’inflazione, che potrebbe aumentare il valore del dollaro Usa rispetto alle valute e rendere il petrolio denominato in dollari più costoso per gli investitori.
Anche i colloqui sul nucleare iraniano sono al centro dell’attenzione poiché Regno Unito, Francia e Germania hanno dichiarato nel fine settimana di avere seri dubbi sull’impegno di Teheran per un nuovo accordo. Se un patto venisse concordato, potrebbe aprire la strada a flussi notevolmente aumentati di greggio iraniano verso il mercato globale.
Il prezzo del greggio può ancora salire
I prezzi globali del petrolio potrebbero rimbalzare verso la fine dell’anno: si prevede che l’offerta si restringerà ulteriormente quando l’embargo dell’Unione europea sul petrolio russo entrerà in vigore il 5 dicembre.
Il G7 attuerà un tetto massimo di prezzo per il greggio dalla Russia per limitare le redditizie entrate delle esportazioni di petrolio della Russia dopo l’invasione dell’Ucraina a febbraio e prevede di adottare misure per garantire che il petrolio possa ancora fluire verso i Paesi emergenti.
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