Il Medio Oriente in crescente tensione fa aumentare i prezzi del petrolio, con un rialzo di almeno l’1%. Cosa sta succedendo di preoccupante e perché anche la Libia spinge il greggio?
Il prezzo del petrolio torna a salire con un balzo di oltre l’1% spinto dalle crescenti tensioni in Medio Oriente.
Le quotazioni Brent e WTI sono in aumento rispettivamente dello 0,93% e dell’1,18% mentre si scrive, riflettendo la pericolosa escalation nella calda regione mediorientale già colpita dalla guerra Israele-Hamas su Gaza.
Il conflitto rischia ora di degenerare ed estendersi a Iran e Libano dopo gli ultimi accadimenti, mentre anche l’instabilità della Libia si è aggiunta ai motivi di preoccupazione per l’offerta di petrolio. Nello specifico, le interruzioni di produzione in un giacimento petrolifero libico e l’acuirsi delle tensioni tra Israele e Paesi vicini ad Hamas si stanno riversando sul prezzo del greggio. L’oro nero sale in un contesto caotico nel quale tutto può accadere.
Petrolio, il prezzo aumenta. Il Medio Oriente sta per esplodere?
Mercoledì 3 gennaio entrambi i benchmark hanno guadagnato circa il 3% attestandosi in rialzo per la prima volta in cinque giorni e nella giornata di oggi, giovedì 4 gennaio, le quotazioni salgono ancora seppure con un ritmo meno marcato.
Il petrolio ha trovato supporto anche nei dati dell’American Petroleum Institute, secondo i quali le scorte di greggio sono scese di 7,4 milioni di barili, il doppio del calo previsto. Tuttavia, il motivo cruciale di questa spinta è in Medio Oriente. E preoccupa.
Due esplosioni hanno ucciso quasi 100 persone e ne hanno ferite decine durante una cerimonia in Iran per commemorare il comandante Qassem Soleimani ucciso da un drone statunitense nel 2020. Teheran ha giurato vendetta, accusando Stati Uniti e Israele, nemici storici. L’allargamento del conflitto che si sta drammaticamente consumando a Gaza è stato da sempre il principale timore per la stabilità mondiale.
Ora, con questo avvenimento, il rischio di una escalation diffusa nella regione mediorientale è davvero alto e verosimile. Il petrolio, ovviamente, è la materia prima più vulnerabile a questi eventi.
La vicenda iraniana si affianca alla tensione per la navigazione nel Mar Rosso, dopo che gli Houthi dello Yemen, sostenuti dall’Iran, hanno dichiarato mercoledì di “aver preso di mira” l’ennesima nave portacontainer diretta in Israele. Il Comando Centrale degli Stati Uniti ha detto che il gruppo militante aveva lanciato due missili balistici antinave nel Mar Rosso meridionale il giorno precedente.
Infine, l’uccisione di un alto leader di Hamas in Libano ha acceso i riflettori su un altro possibile fronte del conflitto. In questa cornice di eventi così incerti e drammatici, il prezzo del petrolio sale su timori di interruzioni di produzione e quindi di scarsità di offerta.
Cosa succede in Libia?
A sostenere i prezzi del petrolio sta contribuendo anche la situazione caotica in Libia.
Mercoledì 3 gennaio, le proteste locali hanno costretto alla chiusura del giacimento petrolifero libico di Sharara, che può produrre fino a 300.000 barili al giorno. Il giacimento, uno dei più grandi della Libia, è un obiettivo preso di mira di frequente durante proteste politiche nel Paese.
La situazione tesa in Libia è un elemento concreto in più per temere una restrizione - almeno temporanea - del’offerta del petrolio, e quindi un rialzo del prezzo.
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