Non si aspettava un tale esito il ministro Savona, rivela in Consiglio dei ministri. La sfida è stata accolta dall’UE, e non si prospetta nulla di buono.
Non si aspettava il ministro Paolo Savona l’esito ormai certo dello scontro Roma-Bruxelles. In Consiglio dei ministri «il professore» si è detto preoccupato. «La situazione è grave», ritratta il titolare degli Affari europei.
Da mesi è lui il fautore della linea dura mantenuta dai vicepremier Di Maio e Salvini nei confronti della Commissione. Ha convinto i colleghi a digiuno d’economia, smontato le posizioni più caute di Moavero, Tria e dello stesso Conte, ma adesso, all’evidenza dei fatti, non può che cambiare idea.
La reazione UE preoccupa il ministro
«Un disastro», si sarebbe sfogato con Giorgetti secondo il Corriere della Sera. Tale sarebbe l’entità, agli occhi del ministro Savona, della procedura d’infrazione in dirittura d’arrivo. Il contenuto della prossima lettera da parte dell’Unione potrebbe essere più che un semplice ammonimento.
Proprio ieri una fonte interna alla Commissione ha rivelato che la procedura per eccesso di deficit sarebbe vicinissima. Saranno accolte le richieste dei Paesi più intransigenti come Olanda e Austria, e la prima mossa avrà luogo già mercoledì 21 novembre.
La tesi del professore
Secondo Savona, il governo italiano non avrebbe avuto nulla da temere da una Commissione a fine mandato. L’organo sarebbe stato troppo debole per avviare una procedura così punitiva. E invece...
Sono stati proprio i margini di manovra ristretti a spingere la Commissione UE ad adottare misure «draconiane».
“Non mi aspettavo che andasse in questo modo”
avrebbe detto ieri il professore a Palazzo Chigi. Parole che fanno un certo effetto, dette dal responsabile degli Affari europei, personaggio scomodo per le sue posizioni sull’UE.
Senza concessioni all’UE la procedura è certa
I parametri fondamentali sono rimasti invariati nella nuova versione della legge di Bilancio 2019, lo spread aumenta, e Draghi riprende ancora i Paesi ad alto debito, Italia in testa. Le stime a rialzo per il PIL e il deficit a 2,4% sono un segnale, per la Commissione, che l’Italia non ha intenzione di rispettare le regole.
Il Carroccio si era detto in un primo momento favorevole a stare all’interno delle norme, secondo le quali il rapporto debito-PIL non dovrebbe superare il 60%. Quello del Belpaese arriva al 131%. Successivamente Salvini ha seguito Di Maio, che avrebbe forzato la mano per incassare il reddito di cittadinanza.
Per affiancare questa linea Savona è andato persino contro il suo protegé, il responsabile dell’Economia Tria. Ma perché Juncker si convinca a rimandare la procedura, e quindi affidare il dossier Italia a una nuova Commissione, è necessaria «qualche concessione». Parola di Conte.
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