Quale modello organizzativo per la crescita e per la sostenibilità anche delle piccole e medie imprese?

Agostino Imperatore

10/09/2024

Dotarsi di un corretto assetto organizzativo non solo risponde alle esigenze di conformità, ma rappresenta un’occasione per rivedere la struttura interna e i flussi operativi, migliorandoli.

Quale modello organizzativo per la crescita e per la sostenibilità anche delle piccole e medie imprese?

Negli ultimi anni, l’adozione del Modello Organizzativo, previsto dal Decreto Legislativo 231/2001, è diventata una scelta strategica sempre più rilevante per le imprese.

Questo strumento, nato con l’obiettivo di prevenire la commissione di reati aziendali da parte di apicali e dipendenti ove questi siano commessi nell’interesse o a vantaggio dell’ente, non si limita alla mera protezione legale, ma offre al contempo una serie di vantaggi economici e operativi.

La sua implementazione consente infatti di ridurre i rischi legali, con tutti i vantaggi che ne conseguono dal punto di vista economico/finanziario, ma anche di migliorare la reputazione aziendale (brand reputation) e, soprattutto, ottimizzare la gestione interna delle risorse.

Nonostante possa sembrare che sia prerogativa delle sole imprese di grandi dimensioni (di fatto obbligate dal dettato normativo), in virtù dei costi e delle strutture necessarie, il legislatore ha introdotto degli standard minimi nell’art. 6 del D. Lgs. 231/2001, consentendo anche alle PMI di adeguarsi. Infatti, per le piccole e medie imprese, che rappresentano oltre il 90% del tessuto economico italiano, il Modello Organizzativo 231 non è solo una scelta di compliance, ma un’opportunità per la crescita e la sostenibilità. Infatti, per le piccole e medie imprese, che rappresentano oltre il 90% del tessuto economico italiano, l’adozione di un Modello Organizzativo 231 non è solo una scelta di compliance, ma una vera opportunità di crescita e di sostenibilità.
Ciò che appare come un costo, dato dalla formazione del personale, dalla creazione di strutture ad hoc e dal mantenimento dell’Organismo di Vigilanza, è in realtà un investimento fruttuoso. Si consideri infatti il risparmio che si ottiene evitando costi di assistenza legale, così come delle sanzioni e delle gravi perdite economiche derivanti da una condanna.

Di converso, si pensi a quei danni, diretti ed indiretti, quali – rispettivamente - i danni all’immagine dell’azienda, nonché la perdita di fiducia da parte di clienti e fornitori, che di fatto possono compromettere relazioni commerciali, svalutare il marchio e ridurre le vendite, con un impatto importante sul fatturato.
Oltretutto, dotarsi di un corretto assetto organizzativo non solo risponde alle esigenze di conformità, ma rappresenta un’occasione per rivedere la struttura interna, i processi e i flussi operativi, migliorandoli. Implementare un adeguato modello di gestione e controllo contribuisce quindi al corretto adempimento delle attività di valutazione del rischio, cui consegue la creazione di un sistema organizzativo che garantisca il rispetto delle normative settoriali.

Al riguardo, il Tribunale di Milano si è recentemente espresso con una sentenza di grande interesse nella quale ha escluso la responsabilità di una società italiana, controllata da una multinazionale estera, per la violazione dell’art. 25-ter del d.lgs. 231/01 in relazione al reato di false comunicazioni sociali, nonostante la condanna di alcuni amministratori e dirigenti. La pronuncia stabilisce infatti che per valutare l’adeguatezza di un modello organizzativo aziendale bisogna confrontare quello adottato con ciò che avrebbe dovuto essere, tenendo conto dei rischi specifici dell’azienda e delle normative.

In questa prospettiva si pone altresì la giurisprudenza della Cassazione secondo cui il verificarsi del reato non implica automaticamente l’inidoneità o l’inefficace attuazione del modello organizzativo, precludendo così qualsiasi forma di responsabilità oggettiva basata sul sillogismo “reato commesso = modello inadeguato”.

Secondo tale linea interpretativa, infatti, le sanzioni previste dal D. Lgs. 231/2001 sono irrogabili solo in caso di “colpa di organizzazione”, cioè in presenza di un assetto organizzativo oggettivamente negligente nell’adottare le cautele necessarie a prevenire la commissione dei reati o persino nell’ipotesi in cui i vertici aziendali, attraverso condotte fraudolente, aggirino sistematicamente le regole e i protocolli stabiliti (cd. fenomeno del management override). In tal caso, anche un modello organizzativo adeguato potrebbe rivelarsi inefficace, ma ciò non implica automaticamente una colpa dell’ente, poiché la responsabilità sorge solo se si dimostra che il modello adottato era insufficiente o mal attuato rispetto ai rischi identificati."

L’adozione del Modello Organizzativo 231 non deve essere quindi vista come una mera imposizione normativa, ma come un’opportunità di crescita sostenibile e competitività per le imprese di tutte le dimensioni, rappresentando non solo uno scudo contro i rischi legali, ma una leva strategica per ottimizzare i processi aziendali e rafforzare la reputazione nel mercato.

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