I ricercatori hanno scoperto un pianeta davvero molto prezioso, con uno strato di 16 km di diamanti sotto la superficie che potrebbe spiegare alcuni misteri dello spazio.
Nel sistema solare c’è un pianeta molto prezioso ed è proprio quello più frequentemente sottovalutato. Si parla di Mercurio, il più piccolo del sistema dopo che Plutone è declassato a pianeta nano del 2006, che secondo alcuni studi nasconde uno strato di 16 km di diamanti sotto la sua superficie. La scoperta si deve a uno studio delle università belghe di Liegi e Lovanio, che ha visto ricercatori del Belgio e della Cina fare i conti con i dati delle esplorazioni spaziali, complesse simulazioni al computer ed esperimenti che passeranno alla storia.
L’idea che anche su Mercurio fossero presenti diamanti, come si ipotizzano esserci anche su Urano e Nettuno, oltre alla Terra, non è infatti nuova. Le informazioni elaborate dalle sonde spaziali, infatti, riportano un’elevata presenza di grafite sulla superficie del pianeta. Questo minerale è formato da carbonio puro e se sottoposto a temperature e pressioni elevate, come quelle che si verificano su Mercurio, dà origine proprio al diamante grezzo.
Uno strato di 16 km di diamanti nelle profondità di Mercurio
I dati della sonda Messenger della Nasa hanno permesso di ricalcolare la pressione al confine tra mantello e nucleo, che sarebbe tanto elevata da permettere la formazione di uno spesso strato prezioso. La nuova conclusione è stata permessa dalla scoperta che il mantello del pianeta è profondo circa 80 km in più del previsto. Proprio questa informazione ha dato una svolta allo studio recente, visto che era stata già appurata la presenza di grafite in grandi quantità.
A vantaggio della tesi c’è l’imponente escursione termica di Mercurio, che detiene un vero e proprio record nel sistema solare, passando da circa 400 gradi Celsius nell’emisfero diurno a -200 gradi Celsius in quello notturno e questo soltanto nella superficie esterna. L’effetto del Sole, visto che il pianeta è quello più vicino alla stella, e l’assenza di un’atmosfera originano queste condizioni, che favoriscono la formazione dei diamanti.
L’esperimento e la conclusione dei ricercatori
Per supportare la propria ipotesi, i ricercatori hanno condotto un esperimento simulando le condizioni di formazione dei diamanti su Mercurio. Partendo da una miscela di ferro, silicio, carbonio e solfuro di ferro - che imita la composizione della zona in cui si formerebbero i diamanti - vi hanno applicato pressione e temperature analoghe, rispettivamente 70.000 volte superiore alla pressione della Terra a livello del mare e di 3.578 gradi Celsius.
I valori, come risaputo, sono stati ottenuti grazie alle simulazioni al computer attraverso i dati appresi dalle esplorazioni e alle conoscenze scientifiche e applicati alla miscela creata in laboratorio attraverso modelli computerizzati. In ogni caso, il risultato ha confermato la formazione dei diamanti, cristallizzati nel nucleo al momento della solidificazione e risaliti grazie alla minore densità rispetto alle altre componenti (per lo più metalliche).
Quanto sono importanti i diamanti su Mercurio
Tenendo conto dell’età del pianeta e delle varie fasi che ha attraversato dalla sua origine, circa 4,5 miliardi di anni fa, lo strato di diamanti avrebbe oggi uno spessore di circa 16 km. Si tratta di una stima che, come ribadito dai ricercatori, ha un margine di errore di una decina di chilometri.
L’idea di un giacimento tanto prezioso fa brillare gli occhi agli scienziati e non per gli stessi motivi a cui pensano i non addetti ai lavori. Anzi, bisogna precisare che non c’è modo di estrarre i diamanti sotterranei di Mercurio, non si dispone delle tecnologie adatte per compiere queste operazioni su un altro pianeta né tanto meno per superare le infernali temperature in cui si trovano, a circa 485 km di profondità.
La consistente presenza di uno strato di diamanti tanto spesso, tuttavia, potrebbe aiutare a spiegare l’esistenza di un campo elettromagnetico, che il pianeta non dovrebbe affatto possedere dal momento che è inattivo. La presenza del materiale potrebbe infatti favorire lo scambio di calore tra mantello e nucleo, provocando gli spostamenti del ferro liquido, che grazie alla capacità di conduzione genererebbe un debole campo magnetico.
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