Secondo la Corte di Cassazione la madre che impedisce al padre di vedere i figli in affido condiviso commette il reato di sottrazione di minore.
La Corte di Cassazione ha stabilito che la madre che impedisce al padre di vedere i figli in affido condiviso commette il reato di sottrazione di minore perché non rispetta gli accordi presi con la separazione o il divorzio.
Nel caso di specie, la Cassazione ha condannato per sottrazione di minore una madre che si era trasferita in un’altra città portando con sé i figli, senza dare comunicazione al padre, nonostante l’affido condiviso pattuito.
Inoltre la Corte di Cassazione ha aggiunto che il reato di sottrazione di minore viene in essere anche se i bambini hanno trascorso le vacanze estive con il padre perché questo breve lasso di tempo non può sostituire la continuità dell’affido condiviso.
Infatti l’affido condiviso implica che i genitori debbano congiuntamente:
- esercitare la responsabilità genitoriale;
- partecipare alla cura e all’educazione dei figli;
- prendere decisioni di maggiore interesse per il minore, come ad esempio quelle scolastiche.
Tutte cose che sono impossibili da realizzare se uno dei due genitori si trasferisce in un’altra città con i figli, per di più senza dare alcuna comunicazione. Andiamo ora a spiegare dettagliatamente le ragioni della Corte di Cassazione e cosa prevede l’istituto dell’affidamento condiviso dei figli.
Per la Cassazione è reato di sottrazione di minore
La Corte di Cassazione con la sentenza n. 51960 del 2018 ha sancito che il genitore che sottrae il figlio per un periodo di tempo rilevante all’altro genitore, in regime di affido condiviso, commette il reato di sottrazione di minore perché con la sua condotta impedisce l’esercizio della potestà genitoriale.
La decisione della Cassazione è confermata anche quando il contatto con il figlio non sia del tutto assente ma comunque sporadico: infatti la non continuità contrasta con l’affido condiviso che invece prevede che entrambi i genitori esercitino la potestà genitoriale in modo continuativo e non periodico. Per questo la Corte ha riconosciuto in capo alla madre il reato di sottrazione di minore anche se i figli avevano trascorso le vacanze estive con il padre.
Dunque nel caso sopra descritto, la madre è stata condannata ex articolo 573 del Codice penale che recita:
Chiunque sottrae un minore al genitore esercente la potestà dei genitori, o al tutore, ovvero lo ritiene contro la volontà del medesimo genitore o tutore, è punito, a querela di questo, con la reclusione fino a due anni.
Cosa prevede l’affidamento condiviso?
L’affidamento condiviso, previsto dalla legge n. 54 del 2006 ha introdotto la bigenitorialità e la corresponsabilità dei genitori anche dopo la fine del matrimonio, per tutelare l’interesse dei figli.
Quando a seguito della separazione o del divorzio viene predisposto l’affido condiviso dei figli i due genitori hanno il dovere di collaborare, continuare a prendere le decisioni insieme e ciascuno ha il diritto di ritagliare spazi di tempo da trascorrere in autonomia con il figlio senza l’interferenza dell’ex.
I genitori sono tenuti ad attuare un programma condiviso per l’educazione, la cura e la gestione dei figli, devono ripartirsi compiti e responsabilità e stabilire una linea comune nell’educazione. Ma soprattutto ciascun genitore deve permettere all’altro di avere rapporti con il figlio.
Alla luce di queste precisazioni, vediamo che la sentenza della Corte di Cassazione si pone in linea con i principi determinati dalla legge in merito all’affido condiviso, quindi in vigenza del regime di affido condiviso, la madre non può sottrarre i figli all’ex coniuge.
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