Reclami buoni fruttiferi postali, novità: in arrivo i rimborsi tanto attesi?

Alessandro Nuzzo

18 Maggio 2023 - 20:26

Dopo la trafila nei tribunali secondo Adiconsum non c’è altra soluzione che un provvedimento legislativo che vada a sanare una volta per tutte la questione.

Reclami buoni fruttiferi postali, novità: in arrivo i rimborsi tanto attesi?

Ci sono dei buoni fruttiferi postali venduti da Poste Italiane che migliaia di risparmiatori stanno impugnando perché presentano delle irregolarità. La battaglia legale va avanti da diverso tempo, più volte l’Arbitro bancario finanziario ha dato ragione ai risparmiatori così come numerosi giudici. Poi nel 2022 la Cassazione ha ribaltato la sentenza dando ragione a Poste Italiane. A questo punto per porre fine a questa lunga trafila giudiziaria secondo Adiconsum non c’è altra scelta come ultima spiaggia che una soluzione legislativa, ovvero una sanatoria che vada a porre fine a tutta questa situazione.

Ecco di quali buoni stiamo parlando e per cosa protestano i risparmiatori.

Quali sono i buoni fruttiferi contestati dai risparmiatori

I buoni emessi da Poste Italiane presi di mira da migliaia di risparmiatori sono in sostanza tre:

  • quelli trentennali della serie Q/P, per i quali i risparmiatori hanno ottenuto un rendimento inferiore a quello atteso;
  • quelli a scadenza più ravvicinata a 5,6,7 anni ma anche 18 mesi scaduti e andati in prescrizione senza che Poste ne desse comunicazione preventiva con quindi ogni tentativo di rimborso negato dall’Ente: ne sono quasi 350 mila;
  • i buoni delle serie Q-R-S che hanno reso anche questi meno di quanto avrebbero dovuto perché Poste ha effettuato la ritenuta sugli interessi ogni singolo anno, anziché una volta sola al momento della liquidazione.

I buoni trentennali con un rendimento inferiore

Si tratta di buoni emessi tra il 1986 e il 1995 con doppia lettera. In pratica sono cedole della serie Q solo che Poste invece che stampare i buoni con i nuovi tassi di interesse ha continuato a stampare la serie P con l’aggiunta di un timbro in cui erano espressi i nuovi tassi. Inoltre spesso i timbri erano illeggibili o sbiaditi e indicavano solo i rendimenti dei primi vent’anni, lasciando intendere che, per gli ultimi dieci, valessero quelli della serie P.

Sul tema ci sono diverse sentenze favorevoli ai risparmiatori compreso il parere dell’Arbitro bancario finanziario ma nel 2022 la Cassazione ha ribaltato la sentenza. Secondo i giudici i consumatori non avrebbero dovuto fidarsi di quanto scritto sulle cedole ma leggere le tabelle allegate al decreto che nel 1986 ha modificato i rendimenti.

I buoni prescritti senza comunicazione

Poi ci sono oltre 350mila buoni per un valore di circa 400milioni di euro scaduti e prescritti. L’Antitrust era già intervenuta sul tema sanzionando Poste per 1,4 milioni di euro per aver omesso di informare preventivamente e in maniera adeguata i titolari di buoni prossimi alla scadenza del termine di prescrizione, causando il mancato rimborso dei relativi importi. Il provvedimento è stato impugnato davanti al Tar che in attesa di pronunciarsi lo ha sospeso. Così si è in attesa nonostante i risparmiatori abbiano vinto numerosi ricorsi che Poste continua ad ignorare.

I buoni che hanno reso meno di quanto dovuto

Poi ci sono i buoni delle serie Q-R-S emessi tra il 1986 e il 1996 su cui Poste ha applicato la ritenuta ogni anno anziché a scadenza come sempre fatto. Il risultato è che alla fine hanno fruttato un valore inferiore rispetto a quanto dovuto. «Anziché ottenere 33.352 euro su un buono del 1992 liquidato nel 2023, se ne ricevono 28.441» - ha detto Adiconsum. Insomma tante inesattezze che secondo l’associazione si possono risolvere solo con un intervento legislativo.

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