Reddito di cittadinanza, nuovo taglio: le mensilità erogabili nel 2023 diventano 7. Ecco cosa cambia, tanto per gli occupabili quanto per chi non lo è.
È arrivata la decisione finale del governo Meloni sul Reddito di cittadinanza. A confermarlo è il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, il quale ha ufficializzato la decisione di tagliare ulteriormente la durata massima del Reddito di cittadinanza nel 2023: la durata massima non sarà più di 8 mesi, come inizialmente previsto dalla manovra, bensì di 7 mensilità. Una decisione maturata dopo aver preso consapevolezza delle poche risorse a disposizione per correggere la legge di Bilancio 2023: in questo modo, invece, il governo recupera ulteriori 200 milioni da destinare ad altre misure, come ad esempio all’aumento delle pensioni minime.
Una novità che è bene chiarire fin da subito non si applica solamente nei confronti degli occupabili, visto che la legge di Bilancio 2023 non fa differenza tra chi lo è e chi non lo è. La durata massima del periodo di percezione, infatti, viene ridotta per tutti i nuclei, con la sola eccezione di coloro che al loro interno hanno almeno un minore, un disabile o un over 60.
Per quest’ultimi il Reddito di cittadinanza continuerà a essere pagato, salvo il rispetto degli altri requisiti previsti dalla normativa, per tutti i 12 mesi del 2023: per tutti gli altri, quindi anche per quelle persone che non sono nella condizione di poter lavorare ad esempio perché stanno studiando, la misura potrà essere erogata per un massimo di 7 mensilità.
Fino a quando verrà pagato il Rdc nel 2023
Sarebbe più corretto, in realtà, dire “per quanto viene pagato” il Reddito di cittadinanza nel 2023. Il testo della legge di Bilancio 2023, infatti, stabilisce che al massimo potranno esserci 7 (e non più 8 come previsto inizialmente) ricariche il prossimo anno, dopodiché il diritto alla misura decade e non è più possibile farne domanda.
Non si parla però di mensilità consecutive: potrebbe succedere, ad esempio, che una persona percepisca il Reddito di cittadinanza per 2 mesi dopodiché gli decade perché inizia un nuovo lavoro che comporta il superamento delle fasce reddituali. Tuttavia, dopo altri 3 mesi viene licenziato: questo potrà fare una nuova domanda per il Reddito di cittadinanza, ma ne avrà diritto per soli 5 mesi, e comunque non oltre il 31 dicembre 2023. Dopo questa data, infatti, il Rdc verrà abrogato e sarà sostituito da una nuova misura di cui al momento non se ne conoscono i dettagli.
Per coloro che invece percepiscono il Reddito di cittadinanza in via continuativa, l’ultimo pagamento atteso è quello di luglio 2023, dopodiché la misura decade.
Reddito di cittadinanza, tutti i limiti nel 2023
Ricapitolando, per la percezione del Reddito di cittadinanza nel 2023 bisognerà tener conto dei seguenti limiti:
- massimo di 18 mensilità consecutive. Al termine di tale scadenza è possibile fare domanda di rinnovo, previa la sospensione di un mese;
- massimo di 7 mensilità complessive erogabili tra il 1° gennaio e il 31 dicembre 2023, limite non derogabile con la sola eccezione dei nuclei familiari in cui è presente almeno un minore, un disabile o un componente over 60;
- l’ultimo pagamento previsto sarà in ogni caso a dicembre 2023, poiché successivamente il Rdc verrà abrogato.
Ci sono poi altre condizioni da rispettare. Ad esempio, gli occupabili avranno l’obbligo di prendere parte a un corso di formazione o riqualificazione professionale della durata di 6 mesi, oltre a dover accettare già la prima offerta di lavoro congrua. Senza dimenticare poi il rispetto di tutti gli altri requisiti, specialmente economici: a tal proposito, sarà importante vedere cosa succederà con il rinnovo dell’Isee atteso a gennaio, quando per alcuni beneficiari potrebbe esserci il superamento delle soglie previste nonché la perdita del sostegno.
I 7 mesi non valgono solamente per gli occupabili
Ascoltando le dichiarazioni di alcuni dei vertici della maggioranza sembra che il taglio apportato al Reddito di cittadinanza riguardi solamente gli occupabili, ossia chi è nella condizione di poter andare a lavorare.
Come abbiamo già avuto modo di spiegare, però, non è proprio così, visto che la normativa non pone alcuna differenza a riguardo. La durata massima di 7 mesi vale per tutti - con le sole eccezioni elencate sopra - quindi anche laddove ci siano famiglie composte da sole persone non ritenute occupabili, almeno stando a quanto stabilito dal decreto n. 4 del 2019, poi convertito in legge n. 26 del 2019.
Ad esempio, chi già lavora ma guadagna talmente poco da essere comunque ritenuto “povero”, oppure chi è iscritto all’Università e quindi sta pianificando il proprio futuro.
Persone oggi non occupabili, tant’è che non vengono convocate dal centro per l’impiego per la firma del cosiddetto patto di lavoro, sulle quali tuttavia graverà l’imminente taglio del Reddito di cittadinanza.
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