Entro quando va speso il reddito di cittadinanza e quali sono i rischi per le somme residue? Facciamo chiarezza.
I soldi erogati a titolo di reddito di cittadinanza vanno spesi entro il mese successivo. In caso contrario l’Inps applica una decurtazione di una parte dei soldi non spesi già nella ricarica successiva.
Ecco perché è bene comprendere quanto tempo si ha a disposizione per spendere tutto il reddito di cittadinanza erogato, così da non rischiare di perderne una parte.
Nel dettaglio, per il reddito di cittadinanza ci sono due tipologie di taglio delle somme non spese: la prima ha una cadenza mensile, mentre la seconda semestrale. In entrambi i casi l’Inps agisce, entro certi limiti, sulle somme non spese, di cui ne andrà a trattenere una parte dalla successiva ricarica.
La ratio della norma è chiara: il legislatore ha voluto fare in modo che il beneficio erogato venga effettivamente speso nel mese successivo a quello di erogazione, al fine di soddisfare le esigenze primarie di vita del nucleo stesso. D’altronde il reddito di cittadinanza è riconosciuto per aiutare le famiglie in difficoltà economica a sostenere le spese mensili; quindi non ci dovrebbe essere motivo per non risparmiare una parte dell’importo riconosciuto.
Il reddito di cittadinanza, dunque, non si può accumulare: vediamo, dunque, entro quanto va speso e in che misura agisce il taglio dell’Inps sulle somme non spese.
Entro quando va speso il reddito di cittadinanza
Come noto, il reddito di cittadinanza viene pagato generalmente il 27 del mese. Ebbene, i titolari della misura hanno tempo poco più di 30 giorni per spendere quanto erogato.
Come vuole normativa, infatti, l’importo va speso entro il mese successivo a quello di erogazione; ad esempio, il reddito di cittadinanza che viene pagato a luglio va speso entro la fine di agosto. In caso contrario una parte della somma residua viene decurtata dall’Inps con la ricarica successiva.
Semmai dovessero esserci delle somme residue alla fine del mese, è importante che queste vengano comunque consumate entro i sei mesi successivi. Ogni semestre, infatti, l’Inps effettua una seconda valutazione delle somme non spese e qualora dovesse accertare dei “risparmi” effettuerà un’ulteriore decurtazione, questa volta persino più elevata.
La decurtazione mensile del reddito di cittadinanza
A indicare le modalità per il taglio delle somme non spese del reddito di cittadinanza è stato il decreto del ministero del Lavoro pubblicato il 2 marzo 2020.
L’articolo 2 del suddetto decreto disciplina le modalità con cui opera la decurtazione mensile: qui si legge che qualora l’Inps dovesse accertare un importo non speso alla fine del mese successivo a quello di pagamento allora sottrarrà dalla mensilità successiva una certa somma, calcolata tenendo conto dei due seguenti limiti:
- il limite massimo dell’importo sottratto non può, in ogni caso, superare il 20% del beneficio mensile erogato e non speso;
- se l’importo risulta inferiore al 20% del beneficio minimo, pari a 8 euro, la decurtazione non opera.
A tal proposito, è bene specificare che, come spiegato dall’Inps, “la verifica dell’effettiva spesa mensile viene effettuata attraverso il confronto tra il saldo disponibile sulla Carta Rdc nell’ultimo giorno di ciascun mese, al netto degli eventuali arretrati erogati nel semestre in corso e in quello precedente, e il valore del beneficio mensile effettivamente erogato nel mese”. Nel computo della decurtazione, però, non rientrano gli arretrati né gli importi erogati nei periodi successivi a quelli di competenza.
Ma cosa succede se il valore del saldo dovesse risultare superiore a quello del beneficio erogato? In quel caso, spiega l’Inps, “la differenza è integralmente sottratta dal beneficio erogato nel mese successivo, ovvero, se non capiente, dalla disponibilità della carta fino a capienza”.
Pensiamo ad esempio a una famiglia che a luglio ha ricevuto 600 euro di reddito di cittadinanza e che al 1° settembre di quell’importo ne ha ancora a disposizione 100 euro. Dalla ricarica in arrivo a settembre verrà decurtato un importo pari al 20% del non speso, ossia 20 euro.
Decurtazione semestrale
Sempre lo stesso decreto, ma all’articolo 3, disciplina invece le modalità per la decurtazione semestrale delle somme non spese. Tale norma stabilisce che al termine del semestre di riferimento il saldo sulla carta viene completamente azzerato, con la sola eccezione di una mensilità del beneficio riconosciuto.
Anche in questo caso la decurtazione non opera se l’importo non speso è inferiore a 8 euro.
Prendiamo come esempio una famiglia che prende un reddito di cittadinanza di 600 euro ma che al termine del semestre risulta avere un saldo di 800 euro sulla carta. Ebbene, in quell’occasione l’Inps decurterà 200 euro dal conto, mantenendo solamente i 600 euro in quanto l’equivalente di una mensilità.
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