Reddito di cittadinanza addio ma non ci sono alternative: ecco cosa sta succedendo

Giorgia Bonamoneta

22 Gennaio 2023 - 19:23

Il Reddito di cittadinanza sarà cancellato, senza alternative, a circa 440 mila famiglia. Mancano 6 mesi e ancora non è chiaro in che modo di vuole formare o sostenere chi risulta in difficoltà.

Reddito di cittadinanza addio ma non ci sono alternative: ecco cosa sta succedendo

Cosa ne sarà delle 440.000 famiglie considerate “occupabili” che ad agosto perderanno il Reddito di cittadinanza? Il governo aveva annunciato una serie di piccoli iniziative per tentare di arginare il grave problema della perdita di sussidio economico per un totale di circa 700 mila persone. Tra questi per esempio il nodo della formazione intensiva, cioè un piano di recupero scolastico-formativo per tutte quelle persone con bassa educazione.

Un altro punto annunciato è quello della perdita del Reddito di cittadinanza entro la prima domanda di lavoro non accettata. Un punto piuttosto controverso, perché non è stato ancora chiarito se la domanda di lavoro sarà congrua o meno con il curriculum. A questo si aggiunge anche la quantità di “occupazione elementare”, cioè solo con licenza elementare o licenza media, del mercato del lavoro italiano. Secondo i dati Eurostat le offerte di lavoro per questa fascia di popolazione sono molto meno in Italia che in altri Paesi e si crea così un divario tra il numero di persone con bassa scolarizzazione (una percentuale di chi perderà il Rdc tra 6 mesi) e il numero di posti di lavoro che non richiedono qualifiche.

Insomma il Reddito di cittadinanza tra 6 mesi scadrà per oltre 440.000 famiglie e non ci sono alternative. Quelle presentate non sono state chiarire, né fuori né dentro il Parlamento. Nessun azione è stata intrapresa per permettere alle famiglie di non rimanere semplicemente scoperti al rischio di povertà assoluta.

Nel nostro Paese uno dei problemi alla corsa verso la cancellazione del Rdc è stato proprio il modo di raccontarlo - i giovani sul divano o la narrazione del “metadone di Stato” di Meloni - e questo ha impedito di vedere che il nemico non sono le persone in difficoltà, ma la sistematica povertà. L’ultimo rapporto della Caritas sulle politiche contro la povertà mette in guardia sugli effetti che l’assenza del Reddito di cittadinanza avrà sulla vita delle persone coinvolte e di questo il governo se ne dovrà fare carico.

Povertà senza alternative: l’addio al Reddito di cittadinanza è un rischio per molti

L’addio al Reddito di cittadinanza ha un sapore dolce per il governo di destra, un sapore di vittoria; ma allo stesso tempo ha una nota piuttosto amara per tutte quelle persone che, oggi percettori del Reddito, si ritroveranno ad agosto a perdere il sostegno economico senza un paracadute.

Parte del problema è stata proprio la narrazione contraria al Reddito di cittadinanza. Eliminare il Rdc tra 6 mesi a 440.000 famiglie ha fatto risparmiare 1 miliardo di euro, ma non sono state neanche prese in considerazione o calcolate le conseguenze della sua cancellazione in assenza di un’alternativa.

Durante la campagna elettorale è emersa una narrazione contro i poveri e non contro la povertà. I tentativi di smascherare e decostruire gli attacchi contro figure mitologiche come il “giovane sul divano” o l’adulto che non ha voglia di lavorare sono state vane. L’obiettivo è sempre stato quello di creare un nemico, un percettore ingrato e scroccone.

Oggi commentatori totalmente sbilanciati a destra spiegano che per fare i soldi basta lavorare. Superato lo choc dell’ovvio, manca del tutto il pensiero critico al sistema di lavoro italiano. Per esempio l’assenza di lavoro, l’assenza di lavoro elementare, bassa istruzione, alta percentuale di lavoro in nero e molto altro. Tutte caratteristiche tipiche della penisola italiana che, seppure il Reddito di cittadinanza non prendeva totalmente in considerazione, almeno non le escludeva.

Il rischio di povertà assoluta per 700.000 persone, senza alternative, è dietro l’angolo. Dove non ci sarà la povertà assoluta su carta, c’è un’alta possibilità che quelle stesse persone finiscano in un sistema di lavoro in nero o poco dignitoso, con contratti apparentemente part-time che diventano obbligatoriamente un full time non dichiarato. Fingere che queste realtà non esistono e parte del problema.

Promesse e proposte assenti: dove sono formazione e lavoro?

In attesa di una riforma delle politiche contro la povertà, tra 6 mesi cosa ci aspetterà non sappiamo dirlo. Dove sono per esempio i corsi di formazione obbligatori per non veder decadere l’assegno del Reddito di cittadinanza? Al momento non se ne sa molto e non sembra neanche che ci sia incorso un protocollo d’intesa per permettere agli adulti tra i 18 e i 29 anni, privi di titolo di studio, di iscriversi a tali corsi.

Su circa 700.000 percettori, sono 364.000 i beneficiari tra i 18 e i 29 anni: 11.000 possiedono la licenza elementare o un nessun titolo, mentre 129 mila possiedono solo la licenza media. In Italia ci sono pochi lavori con scarsa o nessuna qualifica richiesta e così si pone il primo problema su dove inserire circa 365 mila persone.

Esiste anche un enorme problema dietro alla normativa che prevede la decadenza del Rdc se non si risponde alla prima offerta di lavoro. In precedenza l’offerta di lavoro doveva essere congrua con il proprio curriculum e alle proprie competenze; oggi non è più così. La paura di perdere l’assegno di cittadinanza porterà moltissime persone ad accettare anche lavori di cui non hanno esperienza, posizionati su tutto il territorio nazionale, anche molto lontani da casa.

Una simile regola non tiene conto minimamente dell’aspetto umano, se non addirittura l’aspetto psicologico delle persone. Alla fine quello che interessa è una narrazione di “sacrificio”. Se non accetti il lavoro a 200 km da casa sei tu che non vuoi lavorare. Per questo narrazioni anche false come quella della bidella tra Napoli e Milano viene raccontata come eroica. Si fanno le prove per giustificare e normalizzare quelli che saranno davvero nel prossimo futuro casi estremi di sacrificio per il lavoro, in assenza dei quali verrà meno il sostegno alla povertà.

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