Il Reddito di cittadinanza può essere mantenuto anche da chi è stato interdetto dei pubblici uffici? Una sentenza cambia le regole, ecco perché.
Il Reddito di cittadinanza può essere mantenuto anche in seguito all’interdizione dei pubblici uffici, a dirlo è la Cassazione, con la sentenza 38.383. Secondo la Cassazione infatti, nella sentenza che accoglie il ricorso contro il sequestro preventivo di denaro, il Reddito di cittadinanza è considerato un “sussidio” che non può essere paragonata uno stipendio, una pensione o un assegno corrisposta dallo Stato e per questo non può essere confiscato per una pena accessoria.
Il caso è emblematico, perché permette di ridisegnare quelli che sono i limiti e i casi di interruzione del sussidio per le esigenze primarie, cioè il Reddito di cittadinanza. Si tratta di una decisione che risponde a una precedente condanna. In seguito alla condanna era stata poi aggiunta la privazione degli stipendi, delle pensioni e degli assegni a carico dello Stato o di un altro ente pubblico. Da qui il dubbio sul Reddito di cittadinanza, se sia più o meno un “assegno” elargito da parte dello Stato o di una prestazione assistenziale utile alla sopravvivenza e quindi da non far rientrare all’interno delle “prestazioni revocabili”.
Secondo la sentenza della Cassazione la norma sull’interdizione perpetua dai pubblici uffici consente delle deroghe e per questo il Reddito di cittadinanza, considerando il suo stato attuale di “sussidio alla sopravvivenza”, è da non intendersi all’interno dei sussidi revocabili.
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Reddito di cittadinanza anche a chi è interdetto dai pubblici uffici
La sentenza fa parte di un ricorso mosso alla condanna del Tribunale di Vibo Valentia nel quale si confermava che il Reddito di cittadinanza fosse revocato perché erano state omesse delle vecchie sentenze definitive a carico del richiedente. Tra le sentenze definitive erano state applicate anche delle “pene accessorie”, come l’interdizione perpetua dai pubblici uffici, una circostanza che ostacola l’ottenimento del sussidio stesso.
La difesa sosteneva che il tribunale riconosceva che il Reddito di cittadinanza costituisce una “prestazione assistenziale” finalizzato a soddisfare le esigenze di vita e per questo doveva essere escluso e non equiparato a stipendi, pensioni o assegni erogati dallo Stato e revocabili in seguito di applicazione della pena accessoria (art 28. del Codice Penale). Secondo la Cassazione il Reddito di cittadinanza può essere interpretato non come un “assegno”, poiché viene erogato attraverso la carta del Reddito di cittadinanza ed è caratterizzata dalla finalità di soddisfare i bisogni primari mediante la copertura delle spese di acquisto. Si tratta di una garanzia per contrastare la povertà assoluta e, anche se non totalmente soddisfatto, l’esclusione sociale e le disuguaglianze.
Esclusione dal Reddito di cittadinanza: cosa dice il Codice penale sulle pene accessorie
I motivi di esclusione del Reddito di cittadinanza possono essere per esempio essere sottoposti a misure cautelari personali a seguito di convalida dell’arresto o del fermo ed essere stati condannati in via definitiva nei 10 anni precedenti la richiesta. Secondo il Tribunale il ricorso non è ammissibile, ma tale decisione si discosta dal parere del capo dell’ufficio legislativo del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali interpellato in merito. Una decisione che comunque la Cassazione definisce condivisibile, ma che i giudici di legittimità invitano ad interpretare in maniera differente.
Infatti la norma del Codice Penale, articolo 28, che determina sulle pene accessorio rispetto all’interdizione perpetua dai pubblici uffici prevede l’esclusione del condannato dall’ottenimento di assegni, pensioni e stipendi a carico dello Stato o di un altro ente pubblico. Secondo la Cassazione però il Reddito di cittadinanza non è comparabile a un “assegno” come si legge nell’articolo 28 ed è invece da considerare un sussidio, una prestazione assistenziale, alla sopravvivenza.
Si considera inoltre l’affermazione per la quale “l’interdizione perpetua dai pubblici uffici (è), salvo deroghe”. Cioè che “salvo deroghe” possa essere interpretabile proprio come un caso extra, una deroga che permette al condannato di interdizione di fare comunque uso del Reddito di cittadinanza per la sopravvivenza. Al contrario della pensione, che nel caso di condanna viene sospesa, il Reddito di cittadinanza non è paragonabile a un assegno e quindi può essere mantenuto.
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