Il reddito di cittadinanza “ha dei limiti”, ma arriva la conferma di Draghi

Andrea Pastore

22/09/2021

Mario Draghi interviene sulla riforma cardine del Movimento 5 Stelle: “Il reddito è ispirato a principi di uguaglianza, ma ha dei limiti”.

Il reddito di cittadinanza “ha dei limiti”, ma arriva la conferma di Draghi

Mario Draghi interviene sul Rdc: “Ispirato a principi di uguaglianza, ma ha dei limiti”. Il Presidente del Consiglio Mario Draghi interviene sulla riforma cardine del Movimento 5 Stelle in risposta a uno studente che gli ha inviato la sua tesi sul Reddito di Cittadinanza: “Il reddito è ispirato a principi di uguaglianza, ma ha dei limiti soprattutto sul fronte delle politiche attive del lavoro”.

Il Reddito di Cittadinanza, pietra miliare delle politiche del M5S, viene a configurarsi come una misura di lotta alla povertà in linea con i principi cardine della Costituzione italiana. Come ricorda il secondo comma dell’art. 3 della nostra Costituzione:

È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavorati all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.

Come molti sostengono, quindi, il RdC può essere considerato in parte come uno strumento diretto all’emancipazione dell’individuo, emancipazione funzionale alla partecipazione della vita repubblicana.

Ma allora quali sono i limiti che Mario Draghi ha evidenziato?

Il Premier Mario Draghi, come molti altri economisti e addetti ai lavori, ha individuato dei limiti della riforma varata nel primo governo Conte. Non stiamo però parlando dei furbetti che percepiscono il Reddito di Cittadinanza senza averne diritto (ogni legge presenta il suo cavillo), bensì della partecipazione alle politiche attive del lavoro, nonché della sua efficacia. Ma andiamo con ordine.

Le politiche attive del lavoro sono tutte quelle iniziative messe in campo dalle Istituzioni, nazionali e locali, per promuovere l’occupazione e l’inserimento nel mondo lavorativo. Di fatti, il Pnrr, ossia il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, nella quinta missione, prevede l’investimento di circa 6 miliardi e mezzo di euro per colmare il gap occupazionale italiano.

Sempre nella quinta missione, per quanto riguarda la prima componente, ossia le politiche attive del lavoro a sostegno dell’occupazione, possiamo trovare scritto:

L’intervento ha l’obiettivo d’introdurre un’ampia e integrata riforma delle politiche attive e della formazione professionale, supportando i percorsi di riqualificazione professionale e di reinserimento di lavoratori in transizione e disoccupati (percettori del Reddito di Cittadinanza, NASPI e CIGS).

Nello specifico vengono stanziati 4,4 miliardi su due linee d’intervento:

In sostanza le linee d’intervento si basano su dei percorsi di formazione, accompagnamento e aggiornamento al lavoro, da erogare ai cittadini, occupati e disoccupati, per garantire livelli di qualità elevati e prestazioni professionali sempre più al passo con i tempi. Uno dei pilastri dei programmi sopracitati dovrà essere lo sviluppo di competenze digitali, fondamentali per garantire la riuscita del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.

L’incompatibilità tra Reddito e politiche attive del lavoro

Come abbiamo detto prima, tra i destinatari del programma, oltre i beneficiari di Naspi e lavoratori in Cassa Integrazione, ritroviamo anche i percettori del Reddito di Cittadinanza. Proprio da qui nascono le preoccupazioni degli economisti e di Mario Draghi.

Il problema fondamentale che gli addetti ai lavori hanno individuato, analizzando anche le parole di Mario Draghi, sarà l’incentivo ad abbandonare il Reddito di Cittadinanza per intraprendere un percorso di formazione e inserimento nel mondo del lavoro. Le misure assistenziali come il Reddito devono essere degli strumenti mirati a salvaguardare la dignità e la sopravvivenza di un individuo e/o di una famiglia, ma non devono trasformarsi in un qualcosa su cui cullarsi.

L’emancipazione, di fatto, può essere possibile solo con il lavoro e l’indipendenza, specie dallo Stato e dalla politica (come in questo caso), perciò è auspicabile una riforma che faciliti, e metta in sicurezza, questa transizione.

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