Reddito di cittadinanza, la riduzione della durata a 8 mesi non basta: il governo valuta un ulteriore taglio così da avere più risorse da destinare agli emendamenti alla legge di Bilancio 2023.
Il governo Meloni sembra voler fare cassa - nuovamente sul Reddito di cittadinanza - rivedendo quanto già fatto con la legge di Bilancio approvata dal Consiglio dei ministri.
Come noto, infatti, a oggi la manovra dispone un taglio di 4 mesi per il Reddito di cittadinanza che potrà essere erogato per un massimo di 8 mensilità (non necessariamente continuative). Lo stop riguarderà tutti, occupabili e non, con la sola eccezione per i nuclei familiari che al loro interno hanno almeno un minore, un disabile o una persona con più di 60 anni.
Una decisione che ha permesso al governo di risparmiare 734 milioni di euro per il 2023, soldi che sono stati riutilizzati per l’introduzione di altre misure in legge di Bilancio, specialmente per il contrasto al caro energia.
Chi si dispera per il taglio del reddito di cittadinanza nel 2023 non sarà felice di sapere che potrebbe non essere finita qui. E non solo perché tra gli emendamenti alla legge di Bilancio ne figura uno che toglie il reddito di cittadinanza a coloro che non hanno completato la scuola dell’obbligo, salvo il caso in dovessero accettare di riprendere gli studi, ma anche per l’ulteriore taglio alla durata massima su cui la maggioranza sta riflettendo in queste ore.
Reddito di cittadinanza per soli 7 mesi nel 2023: cosa c’è di vero?
Per il momento si tratta solamente d’indiscrezioni. C’è di vero però che i vertici della maggioranza si sono riuniti nelle scorse ore per valutare il da farsi sui correttivi da apportare alla legge di Bilancio 2023, visto che gli emendamenti proposti sono molti e le risorse a disposizione (400 milioni) poche.
Ecco perché dal leader di Noi Moderati, Maurizio Lupi, è partita una proposta che sembra non aver lasciato indifferente Giorgia Meloni: fare cassa sul reddito di cittadinanza, stabilendo che nel 2023 potrà essere percepito per un massimo di 7 mensilità, anziché 8 come previsto fino a oggi.
Per il momento non c’è una risposta positiva in merito, ma nemmeno negativa: la presidente Meloni si è presa del tempo per pensarci e già oggi in giornata dovrebbe indicare la strada da seguire.
Fatto sta che tagliare ulteriormente il reddito di cittadinanza, portando la fruizione massima da 8 a 7 mesi, permetterebbe di recuperare altri 200 milioni di euro da utilizzare per l’approvazione di altri emendamenti, come ad esempio per aumentare ulteriormente la pensione minima (ma solo per gli over 75) o per modificare Opzione donna.
Chi continuerà a prendere il reddito di cittadinanza per 12 mesi
Quindi, semmai dovesse esserci un emendamento che taglia la durata massima del reddito di cittadinanza, il prossimo anno le mensilità pagate potranno essere non più di 7.
Ciò significa che si potrà comunque fare domanda, o eventualmente una richiesta di rinnovo, ma in ogni caso potranno esserci non più di 7 ricariche nel periodo che va da gennaio a dicembre 2023. Diversamente, senza emendamento, si applicherà quanto al momento previsto dalla manovra, dove appunto si legge che al massimo potranno esserci 8 pagamenti.
Ricordiamo che tale disposizione varrà per tutte le famiglie e non solo per gli occupabili. Differentemente da quelle che erano state le dichiarazioni della vigilia di Giorgia Meloni, infatti, il Governo ha scelto di adottare un criterio che in alcuni casi potrebbe svantaggiare anche chi, secondo la normativa vigente, non è definito occupabile ai sensi del Reddito di cittadinanza.
Questo perché non viene fatta alcuna differenza tra chi, ad esempio, non lavora perché studia e chi invece non lavora perché non ne ha voglia.
La legge di Bilancio 2023, infatti, stabilisce che la durata massima del reddito di cittadinanza viene portata per tutti da 12 a 8 mesi (o 7 mesi appunto), salvo i casi in cui in famiglia ci siano componenti minorenni, disabili o over 60. Solamente queste famiglie possono stare serene e non temere alcun taglio nel 2023, fermo restando che bisognerà comunque guardare alle altre novità introdotte: quelle ufficiali, come ad esempio il dovere per gli occupabili di prendere parte a un corso di formazione della durata di almeno 6 mesi, a quelle non ancora confermate, come appunto il dovere di ritornare a scuola per coloro che non hanno assolto all’obbligo formativo.
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