Per comprendere le ragioni del sì al prossimo referendum sul taglio dei parlamentari, Money.it ha intervistato il deputato del Movimento 5 Stelle Manuel Tuzi.
Il 20 e il 21 settembre si vota per il referendum sul taglio dei parlamentari.
La riforma, in caso di vittoria del sì, consentirà la riduzione dei deputati e dei senatori, modificando la composizione delle due Camere.
Partiti e singoli esponenti politici, ma anche esperti giuristi, sono in fermento per difendere le ragioni del sì al cambiamento o del no, per mantenere la composizione attuale delle istituzioni.
A pochi giorni dall’appuntamento elettorale, Money.it ha intervistato il deputato del Movimento 5 Stelle Manuel Tuzi, a favore della riforma. Queste le sue risposte sul perché la riduzione dei parlamentari sarà una “vittoria per tutto il Paese”.
Domanda: Uno dei primi argomenti a favore del taglio dei parlamentari è di tipo economico-finanziario: ci sarebbe un risparmio di 100 milioni di euro annuali per le casse dello Stato secondo i sostenitori del sì. Un’incidenza misera per alcuni esperti. Perché, invece, la cifra non sarebbe solo simbolica? Come reinvestire la somma risparmiata?
Risposta: Non lo ritengo il primo argomento a favore: non si modifica la Costituzione esclusivamente per un risparmio, ma per rendere più efficiente e veloce il lavoro del Parlamento, avvicinarlo ai cittadini, come i cittadini stessi chiedevano già 35 anni fa.
Questa non è una battaglia del Movimento 5 Stelle: una vittoria del sì sarebbe una vittoria di tutto il Paese. E tra l’altro ricordo che nell’ultima lettura alla Camera ha votato sì il 98% dei parlamentari.
Detto questo, 500 milioni di euro risparmiati a legislatura non sono pochi. Si può dire che con questi soldi non si cambiano le sorti del Paese, ma tagliare gli sprechi e reinvestirli in servizi per le persone – personalmente darei la priorità alla sanità pubblica e all’istruzione – è sempre positivo.
Domanda: Perché la riforma sarebbe in grado di eliminare la frammentazione dei gruppi parlamentari? Non è, questa, una questione più legata all’appartenenza partitica dei singoli parlamentari, piuttosto che riferita ai numeri?
Risposta: Il sistema partitico italiano si è sempre contraddistinto per un’eccessiva frammentazione. Fin quando si tratta di portare avanti le proprie idee nell’interesse del Paese, anche in dissenso al proprio gruppo parlamentare, è ovviamente un bene, un segno del buon funzionamento della democrazia.
Ma gli ultimi anni ci hanno ben dimostrato che a incentivare la nascita di correnti, sottocorrenti e nuovi partitini non ci sono sempre motivazioni nobili, ma piuttosto il desiderio di conquistare la propria fetta del potere. In altre parole, si pensa ai propri interessi e non a fare qualcosa di buono e concreto per le persone.
Da questo punto di vista, la riduzione dei parlamentari contribuisce a correggere le storture dell’attuale sistema: meno seggi a disposizione vuol dire una migliore selezione dei candidati che dovranno rappresentare i cittadini, lasciando fuori chi vuole sedere in Parlamento solo per curare i propri interessi. Inoltre ci allineiamo con il resto dell’Europa: l’Italia è il Paese ad avere il numero dei parlamentari più alto.
Domanda: Con il taglio dei parlamentari si vuole mettere fine all’assenteismo nelle Camere, dove circa il 30% dei membri diserta l’aula: in che modo si inciderà sulla responsabilità degli eletti?
Risposta: L’alto numero di parlamentari assenteisti in Italia è la dimostrazione che un Parlamento con meno parlamentari funziona bene lo stesso: in pratica, in questi anni, è come se la riduzione fosse già stata attuata, con la differenza però che gli italiani hanno continuato a pagare profumati stipendi a chi invece di andare a lavorare pensava al proprio orticello.
La responsabilità e la riconoscibilità degli eletti aumenterà automaticamente, così come la possibilità di verificare il loro operato da parte degli elettori. È lo stesso effetto che si genera, ad esempio, se si lavora con altre tre persone invece che con trecento: si sente che tutto ciò che si fa è visibile e oggetto dell’attenzione di tutti. Singolare che tra le persone che si oppongono oggi al taglio ci siano molti assenteisti.
Domanda: Il fronte del no critica il taglio dei parlamentari soprattutto per lo stravolgimento della rappresentatività: perché, invece, sarà ancora garantita con la diminuzione degli eletti?
Risposta: Quella della minore rappresentatività è pura fantasia. Ricordiamoci sempre che quando fu deciso l’attuale numero di deputati e senatori non esistevano le Regioni, quindi i cittadini potevano essere rappresentati solo dal Parlamento.
Oggi abbiamo 884 consiglieri regionali, e la modifica dell’articolo 117 della Costituzione ha ampliato le materie di competenza legislativa esclusiva delle Regioni, riducendo di fatto le responsabilità degli stessi parlamentari inizialmente previste dai nostri padri costituenti.
È normale che quando venne fissato a 945 il numero di parlamentari ci si poneva un problema di rappresentanza, non è invece normale che oggi si voglia mantenere un assetto identico in Parlamento, a fronte di importanti cambiamenti avvenuti esternamente. L’unica motivazione che posso immaginare è che chi ha una “sedia comoda” voglia preservarla per sé anche in futuro, ma questo non lo posso accettare e credo non lo debbano accettare nemmeno i cittadini.
Domanda: Se vince il sì ci saranno importanti cambiamenti istituzionali e della Carta costituzionale: quali saranno i passaggi successivi all’approvazione della riforma?
Risposta: Il sì al referendum del 20 e 21 ci dà la possibilità di aprire una nuova stagione di riforme di cui, inutile negarlo, l’Italia ha bisogno. Sicuramente c’è la partita della legge elettorale, abbiamo già trovato un primo accordo su una legge proporzionale e siamo aperti al confronto. Personalmente vedo molto positivamente anche l’ipotesi di un taglio degli stipendi dei parlamentari.
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