Generalmente si pensa che più soldi si possiedono, più si è felici. Ma è davvero così? La psicologia risponde a questa domanda.
Tutto parte da una delle più antiche domande esistenziali che tutti, almeno una volta, ci siamo posti: i soldi fanno davvero la felicità? Se così fosse, i ricchi non dovrebbero avere mai problemi dal punto di vista emotivo. Eppure, sembra non essere proprio così.
Certo, alcune volte è difficile da credere. D’altronde, se domani ti svegliassi con 10 milioni di euro sul tuo conto in banca, che risvolti ci sarebbero nella tua vita? Saresti davvero felice?
Chi può dirlo, dipende da un’infinità di fattori. Il mondo reale, infatti, ci ha insegnato che ricchezza non significa sempre felicità; basti pensare a tutte quelle celebrità e milionari in ogni parte del mondo che soffrono di depressione o vivono comunque delle vite infelici e piene di problemi. Eppure, hanno “tutto”: la casa dei tuoi sogni, la macchina che hai sempre desiderato, quella vacanza paradisiaca che tu puoi solo immaginare.
Alla luce di queste palesi incongruenze, la scienza ha studiato a lungo il legame tra soldi e benessere, ma la risposta è stata più complessa del previsto. Volendo riassumerla drasticamente, sembra che non conta tanto quanto possiedi, ma “cosa riesci effettivamente a fare con ciò che possiedi” e “come ti senti rispetto a quello che hai”.
Il paradosso di Easterlin: più soldi ma stessi sorrisi
Uno dei primi studiosi ad aver messo in discussione l’idea che più ricchezza significhi più felicità è stato l’economista Richard Easterlin. Negli anni ’70, infatti, stava analizzando i dati sul benessere di vari Paesi, quando si accorse di un aspetto a dir poco sorprendente.
Infatti, sembrava che anche se il reddito medio aumentava nel tempo, i livelli medi di felicità della popolazione rimanevano invariati. Oggi, questa apparente contraddizione economico-psicologica è nota come Paradosso di Easterlin, concetto da cui, nel corso degli anni successivi, si sono sviluppati una serie di ulteriori studi.
Questo strano fenomeno, tuttavia, ha una spiegazione abbastanza semplice. A livello metaforico, funziona in maniera simile a un criceto che corre su una ruota; può correre quanto vuole, ma rimarrà sempre fermo sul posto. In maniera simile, Easterlin sosteneva che non conta quanto ci si arricchisce, si rimarrà sempre fermi allo stesso livello di felicità.
Questo concetto è chiamato treadmill edonico - in inglese significa proprio tapis roulant - e spiega come l’essere umano si abitua rapidamente ai miglioramenti materiali e torna, dopo un breve periodo di soddisfazione, al livello abituale di felicità.
Sostanzialmente, più ci arricchiamo, più tendiamo ad adattarci a quello standard, alzando costantemente le nostre aspettative. Secondo l’economista, quindi, la ricchezza non produce alcun benessere stabile, ma si trasforma presto in normalità.
I soldi contano, ma solo fino a un certo punto
Negli ultimi anni, sono state diverse le ricerche dedicate a comprendere se esiste una soglia oltre la quale il denaro smette di contribuire alla felicità. In ambito della psicologia economica, infatti, sono stati condotti vari studi, e uno dei più degni di nota è sicuramente quello di Daniel Kahneman e Angus Deaton.
I due premi Nobel conclusero che il benessere emotivo cresce assieme al reddito, ma solo fino a circa 75.000 dollari annui. Oltre questo livello, altri guadagni non hanno alcun effetto positivo sull’umore del soggetto.
Un po’ diversa fu poi la versione di Matthew Killingsworth, ricercatore che nel 2021 ha pubblicato uno studio secondo cui la felicità aumenta anche oltre i 75.000 dollari, al contrario di come sosteneva Easterlin, sebbene con dei rendimenti decrescenti. Quindi, sì, pare che i soldi possano portare maggior benessere alla vita di una persona, ma non per tutti allo stesso modo e non in maniera proporzionale.
Inoltre, un’altra ricerca condotta dalla Pardue University su un campione molto ampio - di circa 1 milione e 700 mila persone in ben 164 Paesi diversi - ha definito un punto di sazietà, ovvero la cifra necessaria da varcare per essere “ufficialmente” felici.
Tale cifra sarebbe di circa 95.000 dollari annui, stimando però delle differenze tra le varie nazioni. In alcune, infatti, la felicità avrebbe un costo più alto rispetto ad altre. Ad esempio, l’Italia sarebbe una tra quelle in cui la felicità costa di più, complici aspetti culturali e il potere d’acquisto, che hanno permesso di stabilire la cifra a 100.000 dollari all’anno (circa 88.000 euro).
Ma quindi, i ricchi sono felici?
Arriviamo alla domanda che ha aperto le danze. Alla luce di quanto detto fino ad adesso, la risposta migliore sarebbe: dipende. Infatti, i ricchi non sono tutti uguali e non vivono tutti la loro condizione allo stesso modo.
Del resto, secondo la psicologia, tutte le persone (ricchi compresi) possono essere distinte in due categorie in base ai propri obiettivi. Esiste chi è motivato da obiettivi estrinseci, come lo status, il riconoscimento e l’accettazione sociale e chi, al contrario, è spinto da obiettivi intrinseci, indipendenti da ogni aspetto legato alla desiderabilità sociale.
La differenza tra i ricchi sta proprio in questo. Sembra, infatti, che coloro che seguono obiettivi estrinseci rischiano con più probabilità di cadere nell’insoddisfazione costante. Al contrario, chi segue un percorso di crescita personale totalmente estraneo alle logiche dell’appariscenza, può trovare un senso di soddisfazione più vero e duraturo.
Inoltre, è anche il modo con cui i soldi sono stati guadagnati a determinare il livello di felicità. Un patrimonio sudato con fatica, infatti, riempie con orgoglio e soddisfazione la vita di un cosiddetto milionario self-made mentre può essere diverso, invece, per chi possiede una fortuna ereditata dalla famiglia. Non perché manchi l’impegno e il duro lavoro - ricordiamo che mantenere e gestire un patrimonio può essere altrettanto difficoltoso - ma perché il ricco, in questo caso, è abituato ad avere quel tenore di vita sin dalla nascita, ed è quindi è la sua normalità.
Gli effetti collaterali della ricchezza
Possiamo finalmente concludere che essere ricchi non è necessariamente sinonimo di serenità. Anzi, per molte persone può diventare una fonte di nuove tensioni e problemi di vario tipo.
In primis, uno degli ostacoli che più comunemente si pone tra il ricco e la felicità è il senso di isolamento. Spesso, infatti, accade che le persone molto benestanti faticano a fidarsi degli altri. Ad esempio, possono temere di essere sfruttate o giudicate solo per ciò che hanno, e questo può compromettere in maniera importante la qualità delle loro relazioni sociali.
Poi, ancora, c’è il cosiddetto stress da gestione patrimoniale che per molti lettori potrebbe sembrare un paradosso, o addirittura una sciocchezza, pensando che il dover sapere gestire molti soldi sia l’ultimo dei problemi della vita. Eppure, per i ricchi è un rischio concreto e reale.
Più ricchezza, infatti, può significare più responsabilità, decisioni finanziarie più complesse o semplicemente la paura di perdere il proprio status o il patrimonio a causa di una mossa sbagliata. In questi casi, quindi, il denaro diventa un peso da portare sulle spalle più che una conquista da godersi.
Infine, non dimentichiamo che molti dei ricchi sono personalità famose, rilevanti o comunque molto conosciute, spesso a livello internazionale. A quel punto, soprattutto per le star dello spettacolo, gli influencer o gli sportivi più famosi, il confine tra pubblico e privato tende a svanire.
Ogni azione è esposta al giudizio pubblico, la privacy scompare e un’ipotetica gogna mediatica in caso di errori è una minaccia costantemente dietro l’angolo. Per tutti questi motivi, i VIP che non riescono a gestire il “lato pesante” della fama sono molti e i casi di problemi di ansia e depressione sempre più diffusi.
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