Scrivere o commissionare recensioni false può essere un reato, ecco quando e cosa si rischia a seconda dei casi.
Le recensioni online sono uno strumento molto utile per tutti i consumatori, incrementando e rendendo ancora più efficace il tradizionale passaparola che guida spesso le scelte in merito agli acquisti e alle spese. Anche per chi offre servizi o prodotti le recensioni rappresentano un meccanismo molto utile, in quanto permette di pubblicizzare la propria attività senza particolari costi di investimento, contando sulla qualità e la funzionalità della propria offerta.
Le recensioni negative sono altrettanto funzionali per gli utenti, molto meno per i venditori, che ne risultano danneggiati anche in maniera profonda. Ovviamente, questo è parte del meccanismo di fondo delle recensioni, che devono essere veritiere e rispettare le opinioni e l’esperienza personale dell’utente. Quando le recensioni sono false, però, il pregiudizio recato all’attività è ingiusto, tanto da poter integrare il reato di diffamazione.
Se le recensioni false sono invece positive, questo problema non si pone, ma potrebbe esserci una strategia scorretta di marketing a danno dei consumatori e potrebbe perfino essere contestabile il reato di truffa. Insomma, una “banale” recensione può costare molto caro. Ecco cosa prevede la legge.
Quando la recensione falsa è reato
Come anticipato, i principali reati integrabili dalle recensioni false sono la diffamazione e la truffa. Tutto cambia a seconda del contenuto e delle finalità della recensione stessa. Per comprendere meglio la normativa bisogna necessariamente dividere i reati che riguardano le recensioni false in quelli a danno dei consumatori e in quelli a danno dei venditori o provider di servizi.
Si tratta di un inevitabile generalizzazione che fa riferimento ai danni principali e più evidentemente rilevabili, anche perché ogni reato danneggia per definizione tutta la collettività.
Tra i reati a danno di venditori e similari, la diffamazione è senza dubbio il più comune. È bene sottolineare che ai fini della consumazione del reato non è importante che l’esperienza raccontata sia nei fatti falsa, quanto più che esula dal racconto e dal commento personale per denigrare la reputazione personale o professionale degli interessati.
D’altra parte, la consuetudine vuole che le recensioni siano più aperte a toni e contenuti negativi, con critiche di cui il fornitore di servizi o prodotti deve tenere conto dal momento in cui avvia un’attività. Le recensioni assolvono infatti a un compito di critica e sono protette da questo diritto, a patto che siano vere e pertinenti, con linguaggio e toni adeguati. Non sono quindi le offese in sé e per sé a rilevare, quanto più la differenza tra giudizio critico e l’aggressione verbale. Gli attacchi personali non sono dunque ammessi, così come i commenti apertamente denigratori.
Quanto ai reati a danno dei consumatori, invece, rileva in particolar modo la truffa. Creare (o pagare altri) contenuti fraudolenti è un evidente inganno ai danni dei consumatori, a prescindere dai toni usati e dal contenuto della recensione. Chi le scrive, invece, può essere accusato di sostituzione di persona. In questi casi, quindi, non c’è dubbio che il comportamento integri un reato, commesso ovviamente da chi le scrive e/o commissiona.
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Cosa si rischia?
La diffamazione è punita con la reclusione fino a 1 anno o la multa fino a 1.032 euro, ma le pene aumentano se vi sono aggravanti come l’attribuzione di un fatto determinato (reclusione fino a 2 anni o multa fino a 2.065 euro) oppure il mezzo di pubblicità (reclusione da 6 mesi a 3 anni o multa non inferiore a 516 euro).
Molto peggio per la truffa, punita con la reclusione da 6 mesi a 3 anni e la multa da 51 a 1.032 euro. Anche in questo caso le aggravanti possono far lievitare la pena. La sostituzione di persona, invece, è punita con la reclusione fino a 1 anno.
Sono poi da considerare anche le possibili sanzioni da parte dell’Agcom per la concorrenza sleale e le eventuali pretese risarcitorie delle parti lese.
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