Quando si parla di split payment si intende una forma di liquidazione dell’Iva. Ecco cosa significa, come funziona in fattura e quando si applica.
Lo split payment, o scissione dei pagamenti, è un meccanismo fiscale introdotto per combattere l’evasione dell’IVA e garantire un maggiore controllo sulle transazioni tra fornitori e Pubblica Amministrazione (PA). Questo regime ha sollevato molte domande tra professionisti e imprese, soprattutto in relazione a come si applica, a chi è destinato e quali sono le eccezioni.
Introdotto nel 2015 con la Legge di Stabilità, lo split payment è stato più volte prorogato e modificato. La sua applicazione si estende oggi anche a specifiche categorie di soggetti privati, oltre che alla PA. Ma cosa comporta questo regime per i fornitori? Quali differenze esistono rispetto al reverse charge? E quali sono le sanzioni in caso di errori? In questa guida, analizziamo in dettaglio tutte le sfaccettature dello split payment, incluse le ultime novità normative.
Cos’è lo Split Payment? Ecco cosa significa scissione dei pagamenti
Il regime dello split payment è stato introdotto, come detto, con la Legge di Stabilità 2015 (L. 190/2014) e regolamentato dall’art. 17-ter del DPR 633/1972.
Si tratta di un sistema che trasferisce l’obbligo di versamento dell’IVA dal fornitore al cliente. Questo meccanismo, specificamente pensato per le transazioni con enti pubblici, riduce il rischio di evasione fiscale e garantisce un controllo più diretto sul gettito IVA.
Con questo meccanismo, l’IVA non transita mai nelle mani del fornitore, eliminando così il rischio di mancato pagamento.
Lo split payment si applica a:
- cessioni di beni e servizi verso la Pubblica Amministrazione;
- operazioni con società pubbliche e società private inserite in indici di rilevanza (es. FTSE MIB);
- alcune operazioni con società controllate o partecipate da enti pubblici.
Tuttavia, non tutte le operazioni sono soggette a split payment, come vedremo nelle sezioni dedicate ai soggetti esclusi e alle esenzioni.
L’unico modo per utilizzare lo split payment, inoltre, è attraverso una fattura elettronica dove il totale da pagare sarà al netto dell’Iva.
Come funziona lo split payment?
Quando un fornitore emette una fattura a un ente soggetto a split payment:
- l’IVA indicata in fattura non viene incassata dal fornitore;
- la Pubblica Amministrazione (o altro soggetto obbligato) versa al fornitore solo l’importo netto;
- l’IVA viene trattenuta e versata direttamente all’Erario dall’ente acquirente.
Questo comporta un effetto diretto sul flusso di cassa del fornitore, che non può più disporre immediatamente dell’IVA per eventuali esigenze finanziarie.
La differenza tra split payment e reverse charge
Pur condividendo l’obiettivo di contrastare l’evasione fiscale, lo split payment e il reverse charge (o inversione contabile) sono regimi IVA distinti, con modalità di applicazione diverse.
Cosa prevede il reverse charge?
Il reverse charge, introdotto in Italia già negli anni ’90 e regolato dall’art. 17 del DPR 633/1972, si applica principalmente a:
- transazioni tra operatori economici (B2B);
- settori specifici, come edilizia, compravendita di oro, e dispositivi elettronici.
Nel reverse charge, l’obbligo di versare l’IVA spetta al cliente, che deve registrare sia l’acquisto che l’imposta nel proprio bilancio, neutralizzandone l’effetto.
Principali differenze con lo split payment
Le principali differenze si possono riassumere così:
Aspetto | Split Payment | Reverse Charge |
---|---|---|
Soggetti coinvolti | PA, società pubbliche/FTSE MIB | Imprese private |
Obbligo IVA | La PA versa direttamente all’Erario | Il cliente calcola e versa l’IVA |
Fattura emessa | Con IVA | Senza IVA, con dicitura specifica |
Qualche esempio pratico?
- Nel reverse charge, se un’impresa edile subappalta un lavoro, il subappaltatore emette fattura senza IVA, che sarà contabilizzata dal committente.
- Nello split payment, se un fornitore vende mobili a un comune, l’IVA indicata in fattura sarà trattenuta dal comune e non verrà mai incassata dal fornitore.
Quando si applica lo split payment: chi rientra nel regime e chi ne è esente
Lo split payment si applica in determinati contesti definiti dalla normativa. La sua adozione dipende dalla natura del cliente e del tipo di operazione.
Clienti obbligati allo split payment
Pubblica Amministrazione (PA)
- Ministeri, regioni, comuni.
- Enti pubblici non economici (scuole, ospedali, università).
Società pubbliche e private - Società controllate o partecipate dalla PA.
- Aziende inserite nell’indice FTSE MIB.
Soggetti assimilati
Fondazioni partecipate da enti pubblici.
Enti che esercitano attività di rilevante interesse pubblico.
Le operazioni incluse riguardano le cessioni di beni (es. forniture di materiale informatico) e le prestazioni di servizi (es. consulenze, manutenzioni).. Sono, invece, escluse dallo split payment le operazioni esenti IVA e le transazioni con privati e soggetti in regimi speciali (es. forfettari).
Soggetti esclusi dallo split payment
Lo split payment non si applica a tutti i contribuenti o a tutte le transazioni. La normativa prevede specifiche esclusioni ed esenzioni
Privati e consumatori finali
- Le transazioni tra imprese e privati sono escluse, poiché non coinvolgono soggetti IVA obbligati.
Regimi speciali
- I contribuenti in regimi agevolati, come il regime forfettario o il regime agricolo speciale, non rientrano nello split payment.
Esenzioni e casi particolari
- Le operazioni esenti IVA, come prestazioni sanitarie, sono escluse. Anche alcune cessioni intracomunitarie possono non essere soggette a split payment.
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Split payment IVA: la normativa di riferimento e proroga al 2026
Lo split payment è regolato principalmente dall’art. 17-ter del DPR 633/1972, introdotto dalla Legge di Stabilità 2015 (L. 190/2014) e successivamente modificato con diversi interventi legislativi e decreti attuativi. La normativa europea, attraverso l’articolo 395 della Direttiva IVA (2006/112/CE), consente agli Stati membri di adottare regimi speciali come lo split payment per contrastare frodi fiscali.
In Italia, lo split payment si è evoluto con:
- il DL 50/2017, che ha ampliato il regime a nuove categorie di soggetti;
- il DL 148/2017, che ha introdotto ulteriori chiarimenti operativi;
- la recente Legge di Bilancio 2021, che ha prorogato l’applicazione dello split payment fino al 30 giugno 2026 in seguito all’approvazione della Commissione Europea.
L’estensione dello split payment fino al 2026 è stata richiesta dal Governo italiano per continuare a garantire un gettito fiscale stabile e combattere l’evasione IVA. Questa proroga è stata ufficializzata con la decisione UE 2021/2234, che ha confermato l’importanza di tale strumento per i conti pubblici italiani.
Con la proroga, i soggetti coinvolti devono:
- continuare a inserire in fattura le diciture specifiche dello split payment;
- adottare le procedure corrette per distinguere tra transazioni soggette e non soggette al regime;
- monitorare eventuali modifiche normative o interpretative che possano sorgere nei prossimi anni.
Come si emette fattura in split payment
Prima di tutto è fondamentale ricordare che per poter emettere una fattura in split payment è obbligatorio che si tratti di una fattura elettronica in formato XML; inoltre, durante la compilazione il totale a pagare sarà calcolato al netto dell’Iva.
Quando si compila una fattura in split payment bisogna procedere inserendo il valore apposito “S“, che sta a indicare scissione dei pagamenti (ovvero split payment) nel campo/tag identificato come 2.2.2.8 del file xml denominati “EsigibilitaIVA”.
Quando il campo “EsigibilitaIVA” è impostato su “S”, l’Agenzia delle Entrate effettua un controllo per verificare che ciò che è stato inserito nel campo/tag 2.2.2.2 “Natura” non sia contrassegnato come “N6” ovvero «Inversione contabile».
Il processo completo per l’emissione della fattura in split payment è il seguente:
- si emette la fattura in formato XML, utilizzando il blocco-dati
(codice 2.2.2.7) e riempendo il campo specifico con il codice “S” che sta a indicare l’utilizzo del meccanismo di split payment; - bisogna poi riportare in forma di nota la seguente dicitura “Operazione soggetta a split payment – il cedente non incassa l’Iva ai sensi dell’ex art.17-ter del d.p.r. 633/1972, l’acquirente è obbligato al versamento all’Agenzia delle Entrate” oppure “Scissione dei pagamenti ai sensi dell’art. 17-ter del DPR 633/72”;
- infine, viene apposta la firma digitale, prima di inviarla tramite sistema di interscambio.
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Come si versa l’IVA in split payment
L’IVA dovuta con questo meccanismo viene versata direttamente dalla pubblica amministrazione che, in questa situazione, gode di tre modalità alternative, ovvero:
- utilizzando il modello F24 Enti Pubblici per Pa con il codice tributo 620E, indicando il codice fiscale nella sezione del contribuente, la denominazione cella Pa che effettua il pagamento, la lettera F nella sezione “Dettaglio versamento”, il codice tributo 6040 nella causale;
- attraverso un versamento unificato per tutte le Pa con conto corrente presso le Poste Italiane;
- infine, direttamente alle entrate del bilancio dello Stato.
Se invece l’IVA è dovuta, sempre attraverso lo split payment, dalla pubblica amministrazione che opera in veste commerciale e le società godono di una modalità alternativa, allora esistono due modalità alternative:
- è possibile versare l’Iva tramite modello F24, presentato entro il 16 del mese successivo a quello in cui l’imposta richiede l’esigibilità, con la futura applicazione di un codice tributo ad hoc e senza accedere a compensazioni;
- oppure è possibile segnare le fatture nel registro entro il 15 del mese successivo a quello in cui il tributo diventa esigibile, annotando il mese precedente come riferimento, potendo quindi inserire le fatture nel registro degli acquisti per applicare la detrazione dell’imposta.
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Sanzioni Split payment IVA
Cosa prevede la normativa tributaria sulle [sanzioni in materia di split payment IVA? A questo proposito occorre fare una distinzione.
Per l’impresa privata che eroga servizi o cede beni alla P.A. sono previste sanzioni amministrative in caso di non corretta emissione della fattura elettronica (si pensi, a titolo di esempio, alla mancata dicitura “scissione dei pagamenti”). Nel caso in cui la fattura fosse sprovvista della predetta indicazione è applicabile la sanzione amministrativa di cui all’articolo 9, comma 1, del Decreto Legislativo numero 471/1997: da 1.000 ad 8.000 euro di sanzioni amministrative.
L’omesso o ritardato pagamento dell’IVA relativa ad operazioni di split payment da parte dell’ente pubblico sarà invece sanzionato in base all’articolo 13 del Decreto Legislativo 471/1997, quindi con sanzione base al 30% (ravvedibile).
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