Perché lo spread è sotto quota 200 nonostante le tensioni Meloni-Europa e i tassi alti della Bce

Giacomo Andreoli

16 Novembre 2022 - 11:35

Il differenziale Btp-Bund tedeschi si aggira attorno ai 190 punti base, nonostante le politiche della Bce e le tensioni tra il governo Meloni da una parte e Spagna e Francia dall’altra: ecco perché.

Perché lo spread è sotto quota 200 nonostante le tensioni Meloni-Europa e i tassi alti della Bce

Lo spread è sotto la soglia psicologica dei 200 punti base, attorno ai 190, ai minimi dallo scorso maggio. Eppure il nostro nuovo governo sta discutendo con gli altri paesi europei sulla questione migranti. Le tensioni, soprattutto con la Francia, con cui si è rischiato il vero e proprio strappo diplomatico, sono evidenti.

Ma anche con la Spagna i rapporti non sono dei migliori. In tutto ciò l’inflazione è ancora alle stelle e non sono cambiate le politiche monetarie restrittive della Banca centrale europea, che ha alzato i tassi di interesse e non esclude di farlo ancora in futuro. Il restringimento dello spread, però, segnala che qualcosa si sta muovendo attorno ai nostri titoli di Stato: i rendimenti dei Btp stanno scendendo più velocemente rispetto ai titoli di altri Paesi.

Insomma, il grado di rischio percepito si abbassa, con il debito pubblico italiano che viene avvertito come un pericolo minore rispetto al solito, nonostante non sia mai stato a livelli così alti. Perché, quindi, prevalgono gli acquisti sui nostri titoli di Stato?

Perché lo spread italiano è sceso sotto quota 200

Le motivazioni sono per lo più macroeconomiche e poco hanno a che fare con le mosse del governo Meloni. Della serie: conta relativamente quanto decide la nostra presidente del Consiglio e, in questo frangente, anche la stessa Unione europea. I titoli di Stato europei, infatti, risentono ancora positivamente del dato dell’inflazione americana, che a ottobre è risultato inferiore alle previsioni, segnando un aumento “solo” del 7,7% su base annua.

Anche i prezzi alla produzione, sempre negli Stati Uniti, sono risultati in minor crescita rispetto a quanto ci si attendeva. Gli investitori internazionali, quindi, stanno scommettendo sul fatto che il peggio sia alle spalle e che ora la Fed, la banca centrale Usa, possa mettere in campo politiche monetarie meno restrittive di quanto avrebbe fatto fino a un mese fa. Insomma: i tassi di interesse potrebbero non continuare a salire in modo importante, con la stretta che potrebbe affievolirsi.

La scommessa è che, per una sorta di effetto trascinamento, anche la Bce possa decidere di allentare la sua politica monetaria restrittiva, smettendo di “inseguire” la Fed. Questo nonostante la natura dell’inflazione sia molto diversa tra Vecchio e Nuovo Continente: da noi è per lo più indotta esternamente dallo shock energetico, da loro dominata dall’eccesso di domanda interna.

Governo Meloni, come lo giudicano i mercati

In ogni caso tutto ciò abbassa i timori sulla sostenibilità del debito pubblico dell’Italia, anche perché la Bce ha comunque nel suo arsenale il cosiddetto “scudo-anti spread”, seppur attivabile a determinate condizioni e forse reso meno efficace del previsto dalla riforma del Patto di Stabilità, in discussione in Europa.

In secondo luogo c’è il fatto che il governo Meloni sta dimostrando prudenza di bilancio, in linea con l’esecutivo precedente, guidato da Mario Draghi, aumentando il deficit al 4,5% del Pil, ma entro il range già concordato con Bruxelles.

Ai mercati interessa che non ci siano shock fiscali di stampo liberista in deficit, come nel caso dell’ex premier inglese Liz Truss, mentre si registra come, a dispetto delle tensioni con Francia e Spagna, ci sia comunque un canale di dialogo aperto tra Meloni da una parte e Germania e Commissione europea dall’altra.

Spread basso, gli effetti per le famiglie

Uno spread così basso e rendimenti inferiori al previsto non possono che favorire il governo italiano e in particolare il ministero dell’Economia, che può indebitarsi pagando meno. Questi “prezzi bassi”, poi, potrebbero attirare più acquisti da parte delle famiglie italiane dei cosiddetti Btp Italia. Ne è un indizio la corsa dei titoli al 2028, viste le aspettative di un’inflazione sgonfiata nei prossimi anni.

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