Nessun Paese ha compiuto sforzi maggiori della Cina per inserirsi nella scena sportiva africana. Ecco la strategia di Pechino.
La Coppa d’Africa, ovvero la più importante competizione calcistica che confronta le nazionali africane iscritte alla Confédération Africaine de Football, si è appena conclusa con la vittoria della Costa d’Avorio. La squadra guidata da Emerse Faé ha superato in finale la Nigeria per 2-1 grazie alle reti di Sebastien Haller e Frank Kessie, che hanno così oscurato la stella di Victor Osimhen.
Dietro lo sport, e a margine del maxi evento continentale africano, c’è tuttavia una tendenza geopolitica che vale la pena analizzare con attenzione. Nel torneo, ospitato dalla Costa d’Avorio, sono stati utilizzati tre stadi costruiti utilizzando denaro proveniente dalla Cina. Allo stesso tempo, il ministro degli Esteri cinese, Wang Yi, prima dell’inizio della competizione aveva salutato gli impianti di “alta qualità” come “simboli di cooperazione reciprocamente vantaggiosa” tra la Repubblica Popolare Cinese e lo Stato africano.
Ecco, dunque, l’aspetto geopolitico accennato: gli stadi sono stati una pietra angolare della portata diplomatica della Cina in Africa fin dagli anni ’70, anche se il loro numero è aumentato a partire dai primi anni 2000. Queste strutture, ha evidenziato il New York Times, fanno parte della più ampia strategia avallata da Pechino volta a costruire infrastrutture nell’intera regione: dalle autostrade alle ferrovie, dai porti ai palazzi presidenziali. Il tutto in cambio di un maggiore peso diplomatico in loco o di un accesso alle risorse naturali. [...]
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