Uno studio di Confcommercio ha lanciato l’ennesimo allarme: le imprese in Italia pagano bollette elettriche superiori a Paesi come Francia e Spagna, con picchi addirittura del 70% in più.
Il focus è ancora su bollette dell’energia elettrica e imprese, questa volta del settore terziario: il conto in Italia è davvero salato e supera di gran lunga quello di Spagna e Francia.
A dichiararlo è l’ultimo lavoro di Confcommercio e Nomisma Energia, nel quale emerge chiaramente che la situazione rincari sta diventando insostenibile nel nostro Paese. E, soprattutto, non regge dinanzi a costi più bassi in altre nazioni vicine.
Perché le aziende italiane pagano bollette molto più elevate e di quanto? I numeri della stangata e il monito al Governo.
Italia più cara di Spagna e Francia per l’elettricità delle imprese
I dati dell’indagine sono eloquenti: in Italia, alberghi, bar, ristoranti e negozi alimentari hanno una spesa elettrica del 27% superiore a quella degli stessi esercenti spagnoli e quasi del 70% in confronto con i francesi. Anche i negozi non alimentari arrivano a pagare bollette rispettivamente, l’11% e il 16% in più dei due Paesi menzionati.
In termini numerici, le tasse per l’elettricità in Italia ammontano, considerando la rilevazione del 2022: 188.000 euro per gli alberghi, 55.000 euro per i negozi alimentari, 26.000 euro per i ristoranti, 15.000 euro per i bar, 13.000 euro per negozi non alimentari.
Nell’analisi, Confcommercio mette in evidenza come le bollette siano tra le più care in Europa nonostante lo stanziamento straordinario di 60 miliardi di euro contro il rincaro energetico, che risulta superiore a quanto speso in Spagna e Francia per misure simili.
L’allarme, quindi, c’è. Nella ricerca si legge: “Scontiamo, evidentemente l’errore di non aver diversificato maggiormente le nostre fonti di energia e i nostri fornitori negli ultimi decenni. Scontiamo, ancora, i troppi ‘no’ preconcetti e l’ipertrofia burocratica che, ad ogni passo, blocca decisioni e realizzazioni.”
Il tutto va ad aggiungersi al calo dei consumi dovuto a prezzi troppo elevati, anch’esso dannoso per il settore terziario. Sono circa 77 i miliardi di euro persi in potere d’acquisto nei soli primi sei mesi del 2022.
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